Marcela Serrano
Volevo condividere un po’ di riflessioni non sulle canzoni o sulle polemiche politiche che hanno colorato il festival di quest’anno, ma in tema con il titolo del mio blog… l’ingabbiamento delle identità.
Vedo Albano, Bobby Solo, ed altre storiche presenze ingabbiate nel loro personaggio, quasi incapaci di accettare il cambiamento di identità legato all’età, al non essere più al top del successo.
Un Passato che non vede nel Presente e nel Futuro un evoluzione di se stesso, un albero che ha le radici nel passato, il tronco nel presente ei rami proiettati al futuro… ma senza radici tutto il resto non esiste e non ha modo di svilupparsi.
Ho detto un’ovvietà, un concetto che dovrebbe essere assodato e ben chiaro a tutti noi. Ma assistere a certe manifestazioni mi fa sorgere il dubbio che tale concetto forse così assodato non lo sia.
Sembra di assistere ad un Passato che si sente minacciato e minato nel suo valore dal Presente e dal Futuro, come se il loro stesso esistere fosse denigratorio per lui, come se in un ottica aut aut non si potesse andare avanti senza buttare via ciò che ci sta alle spalle. E allora, nello stile del “colpo al cerchio e alla botte”, ogni qual volta che si mette un piede avanti apprezzando i cambiamenti, qualcuno sente la necessità di affermare che “anche il Passato aveva valore”. Lo sappiamo, ha fatto la nostra storia, ha fatto di noi quello che siamo nel bene e nel male.
Passato, Presente e Futuro si personificano assumendo un’entità a sè che ingloba fatti, cose e persone in un unico modus operandi o vivendi.
Non è apprezzando i Marta sui Tubi o i cantanti scoperti nei Talent Show (marchio indelebile) che si denigrano Celentano o Albano (al di là dei gusti musicali di ognuno di noi).
Pensate la pesantezza del non poter apprezzare, quasi sentendosene in colpa, che ne so Ungaretti senza ricordare Petrarca. Ogni volta… in una sorta di par condicio culturale.
Questa è la sensazione che ho avuto in particolare nella puntata odierna di Domenica IN dedicata al festival dove si è dato spazio appunto a Albano, Bobby Solo, Anna Oxa.
Fa un po’ parte del nostro vivere Nostalgico del “bei tempi”, “si stava meglio prima”.
Il tutto però contrasta con il sempre più presente e dilagante tentativo di apparire giovani. Anche per chi al Passato appartiene. Non si presenta con il suo bagaglio di esperienza e anzianità ma deve essere giovane e all’altezza del nuovo. Come se dovesse combattere ad armi pari. Come se ciò che è stato non avesse valore senza un’immagine considerata degna dei tempi.
Non si accoglie il cambiamento, lo si vede come una minaccia mortifrera. Tutto deve rimanere uguale a se stesso per non farci sentire peribili.
Ma non solo, per mantenere il valore del Passato, si denigra il Presente e Futuro, a dimostrazione che la scarsa esperienza non è degna di stare sulla scena.
E non si parlano queste entità, non dialogano o lo fanno difficilmente, ognuna ingabbiata nella loro torretta di difesa di se stessa.
Ho usato il Festival di Sanremo come (s)punto di partenza, stimolo dato dall’attualità, ma questo meccanismo lo vediamo nella politica, nella società, nel lavoro.
Tutto inscenato su un palco (sic) dove gli archetipi del Puer e del Senex dovrebbero giocare il loro ruolo, ma dove sembra che sia il Puer a tenere banco: con i suoi aspetti di rinnovamento e con la sua Ombra di distruttività data dal non accettare il cambiamento.
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Sonia Bertinat
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Comments 1
bel commento e condivido … alla fine San Remo non è che una nitida rappresentazione di questa italietta che non sa accettare i cambiamenti e cosa ancora peggiore li nega