Condominium (Ed. Urania) o Il Condominio (Ed. Feltrinelli) è un libro di James G. Ballard del 1976. Amo questo autore per i suoi libri distopici che nella loro apparente assurdità narrano molto bene le vicissitudini interiori e sociali dell’uomo moderno. I conflitti, in questo libro, rimandano molto a ciò che può succedere in ognuno di noi quando viene perso l’equilibrio interiore.
La trama
In questo testo, la trama si svolge tutta all’interno del Condominio, con un esterno che rimane sfocato, accennato, sullo sfondo e via via annullato, rispetto alle vicende umane che si svolgono all’interno. Un condominio avenieristico, un organismo che a tratti pare abbia vita propria, autonomo rispetto all’esterno in quanto sono in esso presenti gli esercizi commerciali, asili, piscine, palestre e quanto ritenuto necessario per i suoi abitanti.
“Gli ascensori che salivano su e giù nei pozzi sembravano pistoni delle cavità cardiache, gli inquilini che andavano avanti e indietro nei corridoi erano le cellule di un sistema arterioso e le luci negli appartamenti i neuroni di un cervello.”
La struttura composta da 40 piani vede ai piani inferiori la classe operaia, in mezzo la classe media dei professionisti, in alto gli imprenditori. In cima, gli attici, di cui uno occupato dal progettista del complesso residenziale.
Già di per sé questa suddivisione richiama alla ripartizione delle classi sociali sia per la netta concentrazione per zone sia nella collocazione piramidale dal basso verso l’alto. L’equità viene data in modo paradossale: più è alto l’appartamento e più vicino al condominio è il posto auto dedicato, al punto che gli inquilini del primo piano hanno il posto auto lontanissimo e quelli dell’attico adiacente alla struttura. Paradossale perché pur nell’equità apparente della distanza tra parcheggio e abitazione, questo costituisce immediatamente una iniquità di trattamento.
Gli equilibri all’interno durano poco e molto presto gli abitanti cominciano a confliggere e a barricarsi nei loro piani dedicati giungendo ad un degrado molto rapidamente: danni, immondizia, devastazioni, saccheggi, omicidi.
Ne sale un senso di ingiustizia sociale per chi viene ritenuto al sicuro ai piani alti, per cui, con a capo un inquilino del primo piano, parte la scalata alla vetta sociale. Una scalata non pacifica, che viene pesantemente ostacolata mano a mano che procede verso l’alto.
Alla fine, in mezzo a degrado e devastazione, gli inquilini rimasti sembrano ritrovare un equilibrio malsano che è legato allo stare nel condominio senza più uscirne e tagliando ogni mezzo di comunicazione con l’esterno .
Metafora della personalità umana
Zizek interpretò la casa di Psycho come una metafora dell’interiorità umana e in questo libro ho visto una cosa simile seppur meno cristallizzata che non la netta separazione della casa/personalità di Norman Bates.
Qui, prendendo l’intero condominio come metafora di una persona e gli abitanti come metafora delle sue parti interne, vediamo come come ci sia stata una ottima cura tecnologica ed estetica ma ciò che non si è curato sono i vissuti delle diverse parti e la comunicazione delle diverse parti.
Nel momento in cui, infatti, dopo un apparente quiete data dalla soddisfazione di essere in quel posto, cominciano i conflitti con l’inasprirsi dei condòmini dei piani bassi. Essi vengono descritti come più legati agli istinti e meno razionali e composti. Questa massa instintuale che si ritiene non ascoltata dalla parte superiore comincia quindi ad irrompere in modo devastante verso l’alto, portando con sé emozioni primarie non mentalizzate ma agite.
“Questo palazzo era una polveriera di sentimenti repressi e adesso tutti danno libero sfogo alle più svariate forme di aggressività infantile”
Di fronte a questa irruzione, i piani intermedi non hanno gli strumenti per filtrarla e depontenziarla e reagiscono tentando di bloccare le vie di comunicazione e cercando di salire verso i piani più alti ritenuti sicuri e dove al momento si vive ancora come prima, ignari di ciò che accade di sotto.
Il tutto accade di notte, in un rovesciamento non solo dei ritmi circadiani che regolano sonno-veglia, ma, metaforicamente, in un momento in cui la nostra parte razionale è meno vigile e pronta a porre ostacoli alle parti più profonde. Di giorno dormono. E come non pensare al pittore Francisco Goya e al suo “Il sonno della ragione genera mostri”
“Wilder si sentiva a suo agio solo di notte, perché solo al buio poteva sfogarsi senza ritegno, e liberare gli istinti repressi”
Con l’irruzione arrivata infine agli attici avviene il sacrificio simbolico della parte governante, di chi, avendolo progettato, avrebbe dovuto mantenere il benessere in tutto l’insieme curando le vie di comunicazione (simbolizzate dagli ascensori rotti).
Il non voler/poter vedere ciò che si comincia a smuovere nei piani bassi impedisce di prendere provvedimenti atti a trovare una via di dialogo ed integrazione dei bisogni e l’esito conflittuale è dei peggiori.
Alla fine del libro si vede come l’equilibrio raggiunto, la cessazione degli atti di violenza e dei conflitti, siano solo una tregua insana e non un equilibrio di benessere.
Conclusioni
Come accade nel libro di Ballard, può capitare che anche in noi avvengano movimenti come quelli descritti dal libro. Un ipercontrollo razionale (piani alti) o un disinteresse per ciò che accade nelle parti più instintuali, emotive della nostra persona, può portare a conflitti interni in cui la componente razionale in parte o in toto soccombe.
Le diverse parti esistono in noi e per raggiungere un equilibrio e un soddisfacente benessere è necessario che si mantengano dialogo e comunicazione tra le parti e tra queste e gli altri esterni. I canali comunicativi devono essere puliti e sgombri da intasamenti, le tubature emotive devono scorrere in modo fluido. Quando si comincia ad avvertire che c’è un qualcosa che turba la nostra interiorità, ignorarlo è il miglior modo per far sì che emerga sempre di più e in modo conflittuale.
La soluzione è farsi carico delle richieste ed esigenze di tutte le parti, dar loro il giusto spazio e ruolo che non è collocato solo nei nostri attici mentali ma in tutta la nostra personalità. Solo una buona armonia tra le nostre diverse parti, una integrazione delle esigenze per il benessere del tutto garantiscono un equilibrio stabile che sia pronto a ristabilirsi anche dopo eventuali scossoni che i conflitti della vita ci portano ad affrontare.
Sonia Bertinat
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