Vi tranquillizzo subito: succede a tutti: cerchiamo conferme a ciò che crediamo ossia attiviamo il bias di conferma!
Avete mai notato come vi risulta più facile credere o assimilare ciò che già appartiene al vostro sistema di credenze?
E come, viceversa, vi sia più difficile accogliere un pensiero totalmente diverso dal vostro?
Vediamo perché.
Bias di conferma
Un bias è un errore cognitivo che fa il nostro cervello.
Il bias di conferma in particolare
È un processo mentale che consiste nel ricercare, selezionare e interpretare informazioni in modo da porre maggiore attenzione, e quindi attribuire maggiore credibilità a quelle che confermano le proprie convinzioni o ipotesi, e viceversa, ignorare o sminuire informazioni che le contraddicono. Il fenomeno è più marcato nel contesto di argomenti che suscitano forti emozioni o che vanno a toccare credenze profondamente radicate.
Spiegazioni per questo bias includono il pensiero illusorio e la limitata capacità umana di gestire informazioni. Un’altra spiegazione è che le persone sopravvalutano le conseguenze dello sbagliarsi invece di esaminare i fatti in maniera neutrale, scientifica. (Fonte)
Quindi il nostro cervello commette errori perché:
- la capacità di gestire informazioni è limitata e il cervello tende ad economizzare le energie
- le emozioni interferiscono con la nostra capacità di giudizio
- facciamo fatica a mettere in discussioni credenze radicate
- tendiamo a credere di non sbagliarci (un tema del genere è quello della percezione di sicurezza e ne ho parlato qui)
Tutto ciò fa sì che lo sforzo cognitivo minore sia quello preferito ma cresce il rischio di cadere in errore.
Ieri sera guardavo una puntata di “Indagini ad alta quota“, la serie che racconta le indagini sugli incidenti aerei. Il caso era quello di un pilota che, convinto di essere sulla rotta giusta, ha interpretato i segnali del territorio (presenza del fiume) per confermare la sua convinzione e ignorando tutti i segnali che avrebbero dovuto allertarlo sull’errore. Ciò ha portato ad un atterraggio di emergenza in una foresta del Brasile che ha causato vittime.
Non sempre il bias di conferma porta ad esiti così drammatici per fortuna.
Il ruolo dei social network
I social network, soprattutto Facebook, grazie ad un algoritmo 1, sanno interpretare, dal modo in cui navighiamo, quali sono le cose che ci piacciono e quali no, quali sono le notizie che ci interessano e quali no, e così via.
Questo implica che le informazioni con cui entriamo in contatto sui social siano selezionate a monte e non scelte ogni volta da noi.
Cosa proporci lo “decidiamo” noi quando scegliamo quali pagine o persone seguire o quali notizie leggere. E, a lungo andare, l’algoritmo capirà questo e tenderà a mostrarci sempre gli stessi o simili contenuti creando così una bolla in cui i pareri contrari non entrano.
Con buona pace del nostro cervello che rimane così rilassato. E permettere di rilassarsi è la missione principale dei social.
Se i social aiutano/obbligano in questo, però anche cercando nei motori di ricerca noi non optiamo per ricerche neutre ma induciamo, con la scelta delle parole chiave, determinati contenuti anziché altri. E anche i motori di ricerca imparano ciò che vogliamo, alla fine.
Se io cerco ad esempio “Proprietà nutritive della Nutella” o “la Nutella fa male” otterrò risultati anche molto diversi.
Se applicate questo ragionamento (potete fare le prove) sui temi che vi stanno a cuore potrete osservarlo da voi: mettete in ricerca (magari su un computer non vostro) una ricerca neutra e una con la cosa che volete sapere ma che già credete.
E subito Muciaccia si impossessa di me e vi chiedo: Ffffattto? Se volete potete scrivere nei commenti i risutati.
Fake news
Le fake news sono l’esempio più lampante di questo processo e vengono costruite proprio perché, chi le costruisce, sa che il nostro cervello va in errore.
Solitamente contengono toni allarmistici che vanno a sollecitare la nostra reazione emotiva (e abbiamo visto che cozza con la possibilità di ragionare).
Ci fanno economizzare energia perché l’unico sforzo da fare è dire “Ecco, lo sapevo!”
“Lo sapevo, lo sapevo!”, ripeté il bambino con la sua frase favorita. (Lev N. Tolstoj, “Anna Karenina”)
E se il nostro cervello è soddisfatto non si attiverà la curiosità di saperne di più (se non come ulteriore conferma) e, essendo attivata la parte emotiva, diventiamo molto reattivi nei confronti di chi ci dice che sbagliamo (e questo non piace a nessuno).
Accettare di sbagliare
L’errore è sempre più biasimato oggi. Siamo la generazione delle certezze, dell’informazione rapida. Ma l’errore è la via per l’apprendimento, per la curiosità.
Zagrebelsky al Salone del Libro di Torino quest’anno, parlando dei buoni maestri ricorda:
Platone diceva che, se in un dibattito sei colto in fallo, dovresti essere grato perché chi ti corregge ti ha fatto un dono.
Dovrebbe essere questa l’etica di chi accetta un dialogo. L’impossibilità di cambiare idea è l’antitesi del dialogo.
Ma vale anche per la nostra vita?
Assolutamente sì!
Tutte le volte in cui diciamo “Io sono fatto così, non posso farci niente”.
Tutte le volte che cerchiamo conferme sulla giustezza delle nostre azioni.
Quando pensiamo di essere ormai “segnati” da una condanna o da una missione esistenziale a vita.
Cambiare implica cambiare atteggiamento mentale, cambiare il modo in cui guardiamo alla nostra vita e ai nostri processi interiori.
Per questo, a volta, la psicoterapia sembra difficile da affrontare, per questo sembra faticosa e consuma energie. Ma il risultato è quello di lasciar andare tutto ciò che occupava spazio mentalmente per poter acquisire nuove narrazioni di sé che inevitabilmente cambieranno il nostro modo di stare nel mondo.
Zagrebelsky dice che “Il maestro è colui che ci fa vedere cose note con occhi nuovi”.
Questo è il ruolo della psicoterapia, rileggere cose note con occhi nuovi per colorarle in modo diverso.
Conclusione
Credere fideisticamente a qualcosa è economia per il cervello, per il raziocinio. Ma non ci porterà molto lontano nella nostra crescita personale.
Approfondire l’argomento, mettere in discussione le proprie credenze non può che farci migliorare perché creiamo quello spazio che permette di accogliere qualcosa di nuovo. Permette di separare le cose utili da quelle inutili, che occupano spazio di pensiero (e che spesso ci attivano emotivamente).
Vedere sempre l'errore o lo sbaglio al di fuori di noi non ci permette di migliorare, evolvere. Share on XCome l’omino dell’immagine, riusciamo a rimanere staccati dalla realtà, appesi ad un’unica certezza, ignorando tutti i dubbi che ci vorrebbero riportare a terra.
- “Un algoritmo è un procedimento che risolve un determinato problema attraverso un numero finito di passi elementari, chiari e non ambigui, in un tempo ragionevole.” (Fonte)
Immagine in evidenza creata da PR Grafica Online Torino
Sonia Bertinat
Ultimi post di Sonia Bertinat (vedi tutti)
- La fatica del cominciare - 5 Marzo 2022
- “Game Hero” contro il panico morale verso i videogiochi - 16 Novembre 2021
- Umanità digitale - 29 Ottobre 2021
Commenta con Facebook!