Yoga

Di “Yoga” e tutto ciò che accade intorno

Lo yoga e la meditazione servono a sentirsi meglio, ma (…) sono, più ancora che una pratica piacevole o salutare, una maniera di rapportarsi al mondo, una via di conoscenza, una modalità di accesso alla realtà meritevoli di occupare un posto centrale nelle nostre vite.

Emmanuele Carrère

Ho in bozza un articolo sullo Yoga, credo da anni, di cui ho scritto solo l’incipit che recita così:

Pratico da alcuni anni lo Yoga e mi ha sempre colpito molto, al di là del benessere fisico e mentale che produce, come alcune indicazioni sul come affrontare lo yoga siano spesso metafore di un sano atteggiamento nella vita.

    • senti il tuo corpo
    • forzati per migliorare ma senza farti male
    • respira

E così è rimasto.

Certo, mi capita spesso: o mi viene un pensiero e scrivo di getto l’articolo in poco tempo oppure rimane lì appeso sul ramo, ma un ramo secco che non gli permette di maturare.

Poi in vacanza ho preso in mano un libro consigliatomi da una cara amica e collega, Valentina Mossa, che è la mia spacciatrice di libri preferita.

Il libro in questione è Yoga di Emmanuel Carrère.

Nella sua presentazione del libro, Valentina ci anticipa che non è (solo) un libro sullo yoga ma molto altro.

Io invece lo avevo preso proprio perché parlava di Yoga.

Ma, mano a mano che proseguivo nella lettura mi sentivo (lungi dal volermi lontanamente paragonare a lui) nella stessa situazione dello scrittore che vuole scrivere un libro sullo Yoga ma non riesce a dargli corpo.

Tutte gli insegnamenti appresi dalla pratica e dai maestri sembrano infrangersi di fronte alla vita e alla sofferenza psichica.

A partire quindi dalla sua esperienza, da un seminario di meditazione Vipassana, interrotto per l’irrompere di una tragedia, passa per il riemergere della sintomatologia bipolare con un grave calo depressivo che lo porta al ricovero in clinica, fino alle porte del cosiddetto “mondo occidentale”, spartiacque tra due realtà tragicamente diverse dove il fuggire dalla vita assume significati tremendamente diversi.

I demoni interiori si scontrano con i demoni reali della guerra e degli attentati.

In questo viaggio alla ricerca del benessere psichico e dell’equilibrio lo yoga rimane sullo sfondo, uno sfondo che però colora tutto il racconto.

La meta è il viaggio“, ricorda Carrére citando un maestro.

Un viaggio che non è e che non può essere lineare ma che deve bisogna affrontare in modo sufficientemente elastico per darsi la possibilità di deviare dalla strada intrapresa, cogliere le occasioni e opportunità che la vita coglie, appuntarsi ciò che accade non sapendo se alla fine serviranno e come.

Fare esperienze in cui incappiamo anche se apparentemente, non essendo in programma, non sono utili(zzabili) subito.

Il suo imparare la corretta dattilografia mi ha fatto venire in mente quando alle medie ci insegnarono a battere a macchina su delle vecchissime Olivetti nere coi tasti colorati ad indicare le dita da usare. Inutile ai tempi in cui non necessariamente si aveva una macchina da scrivere in casa, men che meno un computer. Ma che oggi mi consente di scrivere questo articolo usando molte dita (no, non tutte, ho perso parte dell’apprendimento), senza dover guardare la tastiera.

O il teatro, che mi ha permesso di liberarmi della paura di stare davanti ad un pubblico e che oggi mi permette di fare formazione senza più ansie (o quasi).

Cose che ci sembravano impossibili, assolutamente e definitivamente fuori della nostra portata, a poco a poco, senza che quasi ce ne accorgiamo, diventano possibili.

Emmanuel Carrère

Al termine del libro, Carrère mette mano a quello che definisce “l’Orso”, l’insieme di racconti, ricordi, appunti, riflessioni accumulati nel viaggio e comincia a darli forma.

Ma poi, vinta la tentazione di lasciar perdere tutto, ci si mette all’opera, si assembla, si giustappone, si taglia, si aggiunge, si sposta, si fa qualche esperimento… A poco a poco quella specie di magma comincia a prendere forma, e spesso è una forma inaspettata.

Emmanuel Carrère

Un po’ come accade nel percorso psicoterapeutico per come lo pratico io. Ci si mette in viaggio, si seguono i fili, i nodi che emergono, ci si fa guidare dai personaggi che si incontrano nel cammino. E anche se sul momento può sembrare di navigare a vista, di non portare nulla a conclusione, di accumulare spezzoni di vita slegati, alla fine, il compito del terapeuta e del paziente è prendere quell'”orso” e cominciare a metterlo insieme per dare un’altra forma, contenuto e spazio a tutti quegli elementi frastagliati.

Tutto ciò che io stessa ho accumulato nella mia vita diventa strumento per questo. Lo yoga e la meditazione ne fanno parte, non solo come strumento attivo, ma come sfondo, guida per mettere insieme i pezzi e addomesticare le vritti, i pensieri turbinosi e ingabbianti. Mettere in comunicazione corpo e mente per esserne più consapevoli.

L’obiettivo non è astrarsi dal mondo ma vivere meglio nel mondo con ciò che si ha, solo un po’ più consapevole e ordinato.

E allora, forse, è proprio questo:

Non si può scrivere di Yoga senza scrivere della vita che scorre. Share on X

Vita (samsara) da cui, attraverso le asana e le pratiche meditative, si aspira a com-prendere se non ad astrarsene (il passaggio dal samsara al nirvana, per pochi eletti) e un po’ come nella psicoterapia.

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Immagine in evidenza by JOEL SAGET/AFP via Getty Images

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Sonia Bertinat

Psicologa Psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico. Da anni mi occupo di dipendenze da sostanza e comportamentali. In parallelo mi occupo di tematiche LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) e dell'impatto delle nuove tecnologie sulla vita intrapsichica e relazionale delle persone.

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