Da un paio di giorni gira sui social network in modo virale (come spesso accade) una notizia a dir poco allarmante riportata da titoli a loro volta indignati dal fatto (supposizione) che si voglia non solo depatologizzare la pedofilia ma addirittura sdoganarla come comportamento non patologico.
In tutto questo cancan ritorna sospettosamente una unica fonte, presa ripresa e riletta: un articolo su “Tempi” intitolato Pedofilia, 50 anni fa era una “malattia”. Da quest’anno per gli psichiatri americani è un “orientamento sessuale”.
Non mi convincono le conclusioni frettolose e raffazzonate dell’articolo e comincio ad intervenire in diverse discussioni generate dai post collegati alla notizia (notizia che già si trovava a inizio anno ma che non aveva suscitato egual clamore).
Finalmente in uno scambio su Google plus ottengo in uno scambio utilissimo un documento tratto dal sito dell’APA. Comincio quindi a leggere alcune cose che condivido qui.
Alcune precisazioni prima.
Il DSM V non è ancora uscito in versione italiana per cui ogni informazione viene dalla versione inglese da poco pubblicata.
Non considero il DSM in generale una Bibbia ma al massimo uno strumento da utilizzare quando richiesto, non di certo uno strumento utile nella mia pratica clinica e terapeutica dove preferisco considerare la sua persona come “entità” singola con le sue difficoltà o patologie e non come una “entità” da ingabbiare in una categoria diagnostica. Lungi da me quindi fare una difesa del DSM.
Trovo però molto pericoloso, soprattutto su argomenti con forte impatto sociale, trattarli in modo superficiale e sensazionalistico. A livello di impatto sociale dichiarare che sarà attuata la depatologizzazione della pedofilia è diverso dal dire che verrà depatologizzato il Disturbo Ossessivo-Compulsivo ad esempio.
Ma veniamo al punto.
Gli aspetti su cui vertono gli articoli sono in linea di massima tre:
1) La depatologizzazione/normalizzazione della pedofilia con il rischio temuto di una sua conseguente decriminalizzazione in quanto si vede nella denominazione di paraphilic disorders (disturbo parafilico) contro il termine paraphilias (parafilia) un segno di minor gravità (n.b. il termine parafilia si riferisce alla categoria diagnostica in cui la pedofilia è inserita, i cui criteri si applicano ovviamente anche ad essa)
2) Il focus sul sentire del “pedofilo” distinto dagli esiti del comportamento arriva a far dire che la pedofilia sarà considerata malattia solo se egodistonica al di là degli esiti dannosi su altri
3) La pedofilia viene definita orientamento sessuale e quindi verrà sdoganato come accadde per l’omosessualità
Partendo da alcuni documenti messi a disposizione dall’APA (American Psychiatric Association) rivediamo i tre punti precedenti:
1) I cambiamenti evidenziati rispetto al DSM IV fanno riferimento sì alla diversa denominazione ma nell’ottica di una distinzione. La distinzione tra le parafilie e disturbi parafilici è uno dei cambiamenti rispetto al DSM- IV, che si applica a tutti gli interessi erotici atipici . Questo approccio lascia intatta la distinzione tra il comportamento sessuale normativo e non normativo (…)”.
2) Si evidenziano due criteri diagnostici: il “Criterio A specifica la natura qualitativa della parafilia (ad esempio, un focus erotico sui bambini o sull’esposizione dei genitali a sconosciuti); il Criterio B precisa le conseguenze negative della parafilia (sofferenza, menomazione, danno o rischio di danno rispetto ad altri).
Il cambiamento per il DSM -5 è che le persone che presentano sia il Criterio A sia il Criterio B ora sarebbero diagnosticati come portatori di un disturbo parafilico. Una diagnosi non sarebbe fatta a persone i cui sintomi soddisfano il Criterio A , ma non Criterio B , cioè a quegli individui che hanno una parafilia , ma non un disturbo parafilico.” Nel momento in cui il disorder provoca nocumento ad altri anche se non sentito come egodistonico esaudisce il Criterio B e quindi diagnosticato come disorder. Quindi non come si diceva in queste discussioni concitate, “basta che non sia un problema e ogni atto diventa lecito”.
(qui, pag 18-19, i riferimenti per i punti 1 e 2 da me tradotti e riportati in corsivo)
3) Questo è un punto vero nel senso che il termine “orientamento sessuale” è stato utilizzato dai redattori e presente nel DSM V. Sul sito però troviamo una rettifica che definisce tale definizione un refuso, che l’intento era scrivere “interesse sessuale” e che il termine è stato corretto nella versione online e verrà corretta nelle successive edizioni cartacee.
Apro e invito volentieri alla discussione a chi, più esperto di me sul DSM V, vorrà contribuire a questa discussione, partendo però da quelle che sono le fonti, discutibili o meno, ma non certo travisate.
Quest’ opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Unported.
Sonia Bertinat
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