Lo siamo stati fino ad una certa età durante la nostra crescita verso l’età adulta.
Dipendiamo dagli altri in quanto inseriti in un contesto sociale.
In questi casi però possiamo parlare di interdipendenza letta in positivo come sostegno reciproco, interazione, relazione. Paradossalmente, in un’epoca liquida (per dirla come Baumann) dove sempre più sembra che l’essere legati a qualcosa o qualcuno, crei timori, ansie, le dipendenze patologiche aumentano. Forse le dipendenze patologiche sono la soluzione malata a legami che non riusciamo più a creare in modo sano?
Cosa differenzia quindi una dipendenza fisiologica o sociale da una dipendenza patologica?
Si intende con dipendenza patologica una alterazione del comportamento che da semplice e comune abitudine diventa una ricerca esagerata e patologica del piacere attraverso mezzi o sostanze o comportamenti che sfociano nella condizione patologica. La persona dipendente perde ogni possibilità di controllo sull’abitudine.
La differenza quindi parrebbe stare su di un asse quantitativo e non qualitativo. La persona che sviluppa una qualsiasi dipendenza patologica non è una persona totalmente differente dalle altre; ciò che differisce è la quantità e la modalità con cui gestisce usi, abitudini, mezzi.
La caratteristica più importante che fa spostare l’accento da uso a dipendenza è proprio la perdita di controllo. L’impossibilità, cioè, a stare senza l’oggetto da cui dipendiamo. Quello che in termini tecnici si chiama compulsione.
La ricerca dell’oggetto ci conduce in una condizione di craving, quel desiderio irrefrenabile verso l’oggetto, in cui tutto il resto perde importanza e saremmo disposti a tutti pur di mettere a tacere quella condizione. Un desiderio patologico che pur apparentemente mirando al piacere non lo ottiene come conseguenza a lungo termine.
L’assenza dell’oggetto da cui dipendiamo provoca in noi una serie di sintomi psichici o fisici che dipendono dall’oggetto ricercato ma che sono molto simili a parità di effetto dell’oggetto stesso. Possiamo avere ansia, irrequietezza, insonnia, tachicardia, depressione, irritabilità per citarne alcuni.
La dipendenza coinvolge sia il nostro fisico sia la nostra psiche. Laddove però la dipendenza fisica sia facilmente risolvibile in poco tempo astenendosi dall’uso, la dipendenza psicologica è molto più ostica e pervasiva ed è quella che rende il percorso di cura più difficile. Non è più il nostro corpo a necessitare dell’oggetto ma la nostra mente. Per abitudine, per necessità psichiche, per ruolo nella nostra vita.
Allego un video, Nuggets dello studio Filmbilder, molto esaustivo che sta girando in questi giorni e che rende bene l’idea di cosa sia la dipendenza.
Come potete notare non ho mai definito l’oggetto di dipendenza a cui mi riferisco. Questo perché fino a poco tempo fa quando si parlava di dipendenza ci si riferiva alla dipendenza da sostante (droghe, alcol, nicotina).
Da una decina di anni invece, perlomeno in Italia, si è cominciato ad ampliare il focus dell’attenzione (e del trattamento) oltre alle sostanze, a tutti quei comportamenti che hanno come conseguenze quelle fino ad allora viste per le dipendenze da sostanze.
Vediamone brevemente alcune:
- GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO
- NUOVE TECNOLOGIE:
– DIPENDENZA DA INTERNET
– DIPENDENZA DA VIDEOGAME
– DIPENDENZA DA DEVICE (CELLULARI, TABLET)
- SHOPPING COMPULSIVO
- ACCUMULO COMPULSIVO
- BINGE EATING (ALIMENTAZIONE COMPULSIVA)
- BINGE DRINKING (BERE COMPULSIVO)
- SEX ADDICTION:
– COMPORTAMENTI SESSUALI PROMISCUI
– PORNOGRAFIA ONLINE E OFFLINE
– CHAT SESSUALI
- DIPENDENZA AFFETTIVA (dipedenza dalle relazioni)
- WORKHAOLISM (dipendenza da lavoro eccessivo)

Sonia Bertinat

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