“Dottoressa le faccio perdere tempo… con tutta la gente che sta peggio di me e io che le porto questi piccoli problemi”.
Bisogna avere un grosso problema o un grande malessere per prendersi cura della propria salute psicofisica?
“Ho aspettato per vedere se passava o se ce la facevo ma ora proprio non ce la faccio più”
In particolare in questi ultimi anni la felicità viene legata sempre più al consumo e al possesso di oggetti, desideri effimeri che non sanano un vero bisogno interiore ma solo superficiale. Ci fanno sentire all’altezza, appartenenti alla società, al passo coi tempi. Ma come dice Baumann, il possesso, l’investire beni e oggetti del compito di renderci felici è fallimentare.
“E così è infatti, in una cultura consumistica come la nostra, che predilige prodotti pronti per l’uso, soluzioni rapide, soddisfazione immediata, risultati senza troppa fatica, ricette infallibili, assicurazione contro tutti i rischi e garanzie del tipo <<soddisfatto o rimborsato>>.”
Ce lo dice anche l’economista Stefano Bartolini nel suo “Manifesto per la felicità“. Secondo il suo “Paradosso della felicità”, infatti, si vede nella società moderna un maggior benessere economico, una maggior salute, che tuttavia non solo non hanno visto un parallelo aumento di benessere psicologico, ma spesso una sua diminuzione (soprattutto in riferimento alla realtà Americana. Questo perché, secondo lui, non c’è stato un “declino delle relazioni” che inevitabilmente influisce sul benessere personale.
In quest’ottica, ad esempio, si inserisce Momenti di Felicità 2015, il primo Festival della Psicologia en plein air, organizzato dall’Ordine degli Psicologi del Piemonte e incentrato appunto sulla felicità.
Questo perché, anche qualora non ci sia un malessere ma “solo” una sensazione di non completezza, un sentire che manca qualcosa per essere felice, può essere utile uno sguardo altro che ci aiuti a fare ordine, ad accordare le nostre melodie interne come si vede in questi bellissimi video proposti in occasione della promozione del festival.
A volte abbiamo tutto quello che razionalmente pensiamo ci possa rendere appagati ma non è così.
“Ho il lavoro che desideravo, la famiglia che desideravo…. però”
In quel però è racchiusa la domanda, il quid che influisce sul nostro benessere. E’ un però che al momento non ha una spiegazione razionale, oggettiva. Ma è un però che ci dice che dobbiamo fermarci e concentrarci su noi stessi.
Ri-accordarci con i nostri bisogni più veri, con le nostre necessità è quel passo che fa si che la nostra vita, come una piacevole melodia suonata con uno strumento accordato, suoni in modo armonico.
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Vi invito quindi a visitare il sito del Festival e a partecipare alle molte occasioni di confronto, attività, giochi che offre per provare a mettere da parte la quotidianità e ritagliarsi uno spazio per sé. Per riflettere, per rilassarsi, per sentire.
Prendiamoci cura di noi!
Sonia Bertinat
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