In un post di qualche settimana fa, prendendo spunto da Star Trek, avevo dato una lettura sociale della differenza di atteggiamento tra la Federazione e i Borg. La prima integra le diverse popolazioni che incontra mantenendo le peculiari caratteristiche di ognuna integrandole le une alle altre con l’obiettivo di una pacifica convivenza ma anche reciproco scambio arricchente; i secondi tendono ad annullare le differenze assimilando tutto ad un unica entità governativa, la collettività.
Scrivendo quel post però mi è subito parso evidente il parallelo con la nostra personalità.
Non siamo dei monoliti. Quello che chiamiamo “me” è solo un insieme di diverse componenti più o meno consapevoli, più o meno agite, più o meno conosciute.
Come trattiamo la nostra personalità? Come ci comportiamo nei confronti delle nostre diverse parti?
Spesso infatti si tende a dare molto potere all’egemonia dell’Io, la parte cosciente, razionale. I nostri aspetti legati alla Persona, ciò che di noi vedono gli altri e in cui il rischio di identificarci troppo è sempre presente.
Il nostro Io come la collettività dei Borg tende ad assimilare, senza chiedere il parere, le nostre diverse parti, i nostri diversi ruoli (si direbbe in un’ottica psicodrammatica) unificandoli, abbattendo le differenze, le peculiarità, mettendo a tacere la loro voce per far loro parlare la voce unica dell’Io, la parte in luce della totalità. Come nella società collettiva dei Borg, la società individuale dell’Io sembra avere un basso dispendio energetico, non provoca apparentemente conflitti, disordini, ribellioni.
Ma anche nei Borg ogni tanto ci sono dei dissidenti, delle assimilazioni mal riuscite, e quelle voci cominciano a suonare un canone dissonante che anzichè ascoltare tendiamo a mettere a tacere. Ma è una voce che prima o poi richiamerà la nostra attenzione. La Luce dell’Io non può non creare una zona d’Ombra dove vengono rigettate le nostre parti meno presentabili, sia agli altri che a noi stessi. Ma in profondità nutriamo sempre altri aspetti di noi, potenzialità non espresse, per paura, per abitudine, parti che abbiamo attraversato con esiti negativi, parti che non siamo pronti ad incontrare, desideri inespressi.
Per Jung lo scopo principale per l’uomo e della psicoterapia è molto simile a ciò che fa la Federazione: punta all’individuazione, processo attraverso il quale, in una sorta di viaggio interiore, incontriamo tutte le nostre parti, ascoltiamo la loro voce, osserviamo la loro struttura e funzione, ed infine riunendole ognuna con le proprie particolarità ma ora funzionale all’intera personalità raggiungere il proprio Sè, molto diverso dall’egocentrico Io in quanto più vero e completo. Non vuol dire che queste parti ora parleranno in modo corale nel medesimo tempo. Vuol dire che noi avremo raggiunto la capacità di distinguerne la voce e ascoltare ciò che ha da dirci. Sono parti nostre, sia nella gestione Borg, sia in quella della Federazione. Ma in un caso avremo boicottaggi interni che possono dar luogo a disagi se non a veri e propri sintomi. Nell’altro avremo una armonia interiore in cui non verranno eliminati i conflitti, ma questi assumeranno la funzione di dialogo costruttivo per renderci individui più completi e consapevoli.
Spesso ci si avvicina alla psicoterapia con timore, un timore rivolto a sè stessi. Timore di scoprire qualcosa di noi che non ci piace. Ma questo “temuto” fa comunque parte di noi che ne siamo consapevoli o meno. Incontrarlo, avere il coraggio di guardarlo non può che arricchirci. Come i bambini hanno paura del buio, un buio che crea e ingigantisce i mostri, così temiamo le nostre parti tenuti nell’ombra della luce dell’Io. Solo illuminandole con una luce diversa, cambiando la nostra prospettiva possiamo vedere che i mostri non sono tali una volta incontrati e che forse non fanno più così paura, anzi ci arricchiscono. L’eroe che abbatte il drago delle fiabe o dei miti per poi scoprire che quel drago è una parte dell’eroe senza la quale l’eroe non può esistere nel suo ruolo.
Controllare il temuto assoggettandolo (i Borg direbbero assimilandolo) all’unica visione dell’Io è sì più semplice in apparenza, ma decisamente più pericoloso e depauperante.
Sonia Bertinat
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