Non amo particolarmente i film horror ma alcuni mi sitmolano delle riflessioni psicologiche e Hill House è uno di questi. (Ho scritto in passato sul film Babadook).
La serie apparsa su Netflix di recente racconta una storia un po’ diversa da quella narrata nel libro o nei precedenti film che ne sono stati tratti (in fondo all’articolo trovate i riferimenti).
Ma in tutte le versioni emerge un tema comune, oltre alla casa: le chiusure che mettiamo in atto rispetto al mondo che ci circondano evocano fantasmi. I fantasmi da un punto di vista psicologico possono essere le nostre paure o la sfera emotiva in toto, le nostre preoccupazioni e così via. Ma vediamo distintamente i temi che mi hanno colpito.
+++ Parziale spoiler da qui in avanti +++
Chiusura al mondo per proteggersi
Può capitare che il mondo sia vissuto come pericoloso per la nostra identità o la nostra famiglia e la tendenza evidenziata in Hill House è proprio quella di trovare una soluzione a questa paura chiudendo il mondo fuori, sigillando la nostra casa (intesa come la nostra persona o gli affetti) per far sì che il mondo esterno non ci contamini e non ci disperda.
Il messaggio però che ci dà Hill House è che possiamo pure chiudere il mondo fuori, isolarci, ma ciò che ci danneggia può venire anche da dentro la “casa” che abitiamo.
La soluzione optata dalla madre (nella serie) è quella di creare una “realtà” congelata in cui finalmente si possa stare bene.
Quella scelta però è una realtà mortifera che blocca i personaggi in un eterno momento. I personaggi morti, non crescono, rimangono bloccati.
Coincide con la scelta di vivere in una dimensione onirica (paradossalmente descritta dalla madre come uno “svegliarsi”) irreale ma liberatoria dalle paure e dalle sofferenze del quotidiano vivere.
Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà; perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni (Libro)
Un’altra chiusura però è anche quella di Abigail, la figlia dei custodi che, per timore dell’influenza nefasta di Hill House, la chiudono in casa con quello che oggi chiameremmo Home Schooling. Una chiusura che la rende fantasma al mondo. Nessuno ne conosce l’esistenza e chi la vede viene considerato un bambino con gli amici immaginari.
Nel libro (e nel film del ’63 pur con epiloghi diversi) abbiamo Eleanor, cui, una chiusura imposta da altri, ha portato via la sua giovinezza: assistere alla madre malata. Ritrovatasi libera da questo compito, non esita a buttarsi a capofitto nella vita, quella vita che non aveva mai vissuto e per cui non era attrezzata. La sua uscita drastica dall’orbita della casa della sorella non è sufficientemente forte per essere evolutiva e Eleanor subisce il fascino di un’altra chiusura, quella offerta da Hill House. La scritta che appare sul muro dice “Nell (Eleanor) torna a casa”. Ossia, torna alla chiusura protettiva perché il contatto con il mondo sociale è troppo pericoloso e sollecitante.
Senza aver mai davvero scelto di diventare timida e schiva, aveva trascorso tanto tempo sola, senza nessuno da amare, che le riusciva difficile parlare con qualcuno, anche del più e del meno, senza impaccio e una imbarazzante incapacità di trovare le parole. (Libro)
Protezione dei figli fino a ucciderne la vitalità
L’ansia che lentamente cresce nella madre (nella serie) è relativa all’impossibilità di proteggere i figli, che vede crescere di giorno in giorno, per sempre. Il desiderio di fermare l’attimo, di poter perpetuare la protezione infinita nei loro confronti la spingerà fino a tentare di ucciderli.
Questo ovviamente è un gesto estremo (ahimè però non solo presente nei film ma anche nelle cronache) ma ci possono essere molte sfumature con cui si spegne la vitalità evolutiva dei figli nel nome della protezione. La stessa Abigail si è vista togliere la possibilità di crescere e affrontare il mondo dai suoi genitori e, come in una profezia che si autoavvera, la prima volta che entra in un’altra casa viene uccisa, realizzando i timori dei genitori.
Come tutti i genitori sanno, i figli possiamo provare a proteggerli ma non con la chiusura. Li proteggiamo dando loro gli strumenti per affrontare nel modo più indenne il mondo che li aspetta o accogliendoli e sanando le ferite che il mondo ha creato loro. L’abbraccio che protegge non deve essere imprigionante ma deve allargarsi per rimanere un sicuro rifugio in cui tornare dopo aver esplorato il mondo.
I segreti dividono
Nella serie il tema forse principale è quello dei segreti. Anche i segreti famigliari posso nascere in un istinto di protezione affinché le cose che pensiamo indigeribili o troppo dolorose non facciano del male agli altri. Ma come sappiamo bene i segreti sono dei tarli che lavorano incessantemente nelle storie famigliari e creano buchi che diventano voragini.
Voragini connotate da incomunicabilità, incomprensioni, sospetti. Voragini che dividono e chiudono ciascun membro nel loro atomo di mondo che non riesce ad avvicinarsi all’altro anche se vi abita vicino.
I buchi che creano i segreti li vediamo spesso in terapia, creano interruzioni nelle storie personali, interruzioni che contengono un vuoto che può far star male.
Conclusione
Gli spunti potrebbero essere molti di più ma ho scelto questi perché l’isolamento e la chiusura al mondo sono un tema che vediamo spesso in terapia.
Chiusura per paura, scelte o imposte da altri. Chiusure che ci rendono fantasmi per il mondo.
E non sto parlando solo di una chiusura reale, fisica legata al non uscire di casa, ma soprattutto alla chiusura delle porte della nostra interiorità. Per proteggerla. Ma queste chiusure con il tempo diventano armature interiori che non permettono nemmeno più a noi di attingere alla parte più profonda di noi.
Quindi, quando la paura di soffrire (o di perdere qualcosa o qualcuno) ci fa propendere per una chiusura pensiamo che il prezzo da pagare è il nostro stare nel mondo in modo autentico, la nostra vitalità. Se decidiamo di pagare quel prezzo rischiamo di portare nel mondo una maschera, magari ben costruita e allettante per gli altri, ma una maschera che non fa trasparire ciò che siamo realmente.
Fonti
Film
- Gli invasati (The Haunting), di Robert Wise, 1963
- Haunting – Presenze (The Haunting), di Jan de Bont, 1999
Serie TV
- Hill House (The Hauting of Hill House), serie TV creata e diretta da Mike Flanagan, 2018
Libro
- Shirley Jackson, “L’incubo di Hill House“, Adelphi, 1953
Sonia Bertinat
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