Per il progetto “Psicologi al Lavoro” che gestisco con la dott.ssa Valentina Mossa, abbiamo pensato di raccogliere un po’ di storie di colleghi (sappiamo quanto Valentina ami le storie!) che sono riusciti a inserirsi nel mondo del lavoro e fare il lavoro per cui hanno studiato.
In questa prima intervista abbiamo la dott.ssa Laura Caminiti: si occupa di gestione delle risorse umane e gestisce il portale PsicologiaOK.com.
Buona lettura!
D: Ciao Laura, benvenuta in questo spazio! Vuoi dirci brevemente chi sei?
R: Ciao Sonia, grazie a te per avermi invitata!
Chi sei… sai che mi è sempre difficile rispondere a questa domanda in ambito professionale? La questione se “faccio” la psicologa o “sono” una psicologa pone un bel dilemma. Da un lato infatti sono consapevole del fatto che la psicologia diventa parte integrante della tua vita, cambia i riferimenti e il modo in cui interpreti, valuti, reagisci agli eventi e alle relazioni… anche quando essi non sono connotati lavorativamente. D’altro canto è assolutamente necessario “uscire dal personaggio” e scrollarsi un po’ di dosso le responsabilità legate al ruolo. Quindi, per rispondere alla tua domanda, ti dico che sono una giovane donna – a 37 anni, si può dire ancora, vero? – che ha trasformato la sua naturale curiosità verso le persone, e l’attitudine ad osservarle e comprenderne le dinamiche, in una professione. L’incontro con la psicologia del lavoro e delle organizzazioni mi ha aperto una finestra sul meraviglioso mondo delle risorse umane in azienda e da allora il mio percorso è andato sempre più affinandosi in questa direzione. Oggi mi occupo di valutazione, selezione e sviluppo dei dipendenti di una società che progetta, realizza e gestisce servizi educativi per la prima infanzia. Amo anche scrivere e lo faccio sia per lavoro – occupandomi di progettazione tecnica per la partecipazione a gare d’appalto, sia per diletto – scrivendo articoli di psicologia per il web sul portale da me fondato e gestito, PsicologiaOK.com.
D: Come hai fatto a pianificare la tua professione?
Pianificare… che bella parola! Dal punto di vista della formazione, ho avuto un percorso che si è delineato abbastanza presto e senza particolare pianificazione. Devo dire che, essendomi laureata con il vecchio ordinamento, è stato anche più facile imboccare una direzione e seguirla: gli indirizzi all’università erano solo quattro! Poiché ho sempre lavorato anche durante gli studi, ho “sperimentato” diversi ambiti e ho potuto così scegliere consapevolmente rispetto a interessi e attitudini. Inoltre, scontrandomi da subito con il mercato del lavoro, ho colto piuttosto presto una fondamentale verità: per sbaragliare la concorrenza non basta essere bravi e preparati, bisogna essere eccellenti e disposti a faticare da matti. Ma poiché non si può essere eccellenti in qualunque cosa, è necessario individuare un ambito o due e approfondirli fino a padroneggiarli completamente.
Dal punto di vista lavorativo, dopo l’abilitazione inizialmente ho proceduto per prove ed errori, come molti giovani laureati. Poi ho capito che questo mi portava a disperdere moltissime energie per raccogliere miseri frutti. Quindi ho detto “basta!” alle ore su internet spese a mandare CV rispondendo ad annunci insieme ad altre centinaia di candidati, basta al lavoro gratuito per farsi conoscere e apprezzare sperando che un giorno mi avrebbero pagato per ciò che ero disposta a fare gratis, basta alle lamentele fini a sé stesse. Ho iniziato a “fare rete” con altri colleghi e a costruire giorno per giorno progetti concreti da spendere nel mondo reale e in quello virtuale! Ho dovuto colmare molte lacune dovute a una preparazione un po’ troppo teorica, tipica delle nostre università. Ma ampliare il campo delle proprie conoscenze è sempre stimolante. Aprirsi ad altre discipline, catturare occasioni di formazione (difficile crederci, ma ce ne sono molte anche gratuite!), approcciarsi a contesti anche apparentemente diversi da quelli in cui lo psicologo è abituato a pensarsi… è importantissimo per costruire un progetto professionale e realizzarlo. Ed è persino più facile per uno psicologo che, per forma mentis, sa cogliere legami anche impliciti in ciò che osserva e vive.
D: Quali percorsi ti hanno portato a fare quello che fai ora?
R: Mi stai chiedendo un tuffo nel passato che mi renderà improvvisamente consapevole dell’età che ho!
Durante gli studi, come dicevo, ho fatto diversi lavori: l’educatrice di sostegno nelle scuole e domiciliare, l’operatrice in casa famiglia, la baby sitter… ho avuto persino una piccola esperienza nell’ambito delle vendite. Da tutti questi lavori ho imparato qualcosa e in tutti trasferivo ciò che studiavo. Anche semplicemente diventando consapevole delle dinamiche organizzative in cui ero immersa, anche se ancora non avevo le competenze né il potere dato dal ruolo per poterle influenzare.
Dopo la laurea ho svolto il tirocinio professionalizzante in strutture eccellenti nel settore della psicologia del lavoro e sociale, superando di gran lunga il monte ore previsto. Avevo fatto una tesi nell’ambito della teoria e tecniche dei test quindi ho scelto – e mi sono fatta scegliere da – un’azienda leader nel settore degli strumenti di assessment psicologico, dove ho affiancato professionisti sia della divisione Ricerca e Sviluppo, sia del settore HR. Mi sono posta come “collega” e non come tirocinante, assumendo sin da subito le responsabilità legate ai vari incarichi. Insomma, mi sono fatta buttare nell’acqua alta senza ciambella e ho dovuto imparare a nuotare! Non sarò mai grata abbastanza per questa esperienza.
Subito dopo il tirocinio ho sostenuto l’esame di abilitazione (che non si è rivelato così terribile come avrebbero voluto farmi credere: diffidate dagli ansiosi!). Mentre studiavo per l’esame di stato, frequentavo un master in gestione, sviluppo e amministrazione delle risorse umane. A posteriori, forse avrei scelto qualcosa di più specifico in un ambito più circoscritto, tuttavia è stato utile per avere una panoramica sulle opzioni a disposizione. Lì ho capito che mi ero lanciata in un settore in cui la concorrenza non veniva dai colleghi psicologi, ma da laureati in economia, giurisprudenza, scienze politiche… e non sarebbe stato affatto facile entrare a far parte di quel mondo con le sole conoscenze e competenze da psicologa. Tuttavia ho capito anche che, se fossi riuscita a colmare quelle lacune, le competenze psicologiche mi avrebbero dato quel valore aggiunto che serve per riuscire bene in una professione così ad alto contenuto relazionale. In più, sapevo usare i test psicologici e sapevo elaborare dati e report statistici, una competenza non troppo diffusa che mi dava un oggettivo vantaggio. Così, mentre facevo uno stage nell’ambito della formazione in azienda mi documentavo in discipline tipo social media marketing e scrittura sul web, imparavo un po’ di linguaggi di programmazione e mi dilettavo nella costruzione di un sito internet, partecipavo a corsi di project management…
E’ stato difficile. Sono stata 3 anni senza un impiego stabile dall’abilitazione al giorno in cui sono entrata nella mia attuale azienda. Lavoravo saltuariamente per piccoli progetti di selezione e formazione, ogni tanto venivo contattata per collaborare nei progetti di validazione e standardizzazione di nuovi questionari in pubblicazione. Ci sono stati momenti di grande frustrazione, ma ho anche avuto il tempo materiale per leggere, studiare, formarmi, ampliare la mia professionalità, cimentarmi con le nuove tecnologie… ma soprattutto costruire relazioni. Dal mio network professionale arriva anche la mia attuale posizione lavorativa: una collega mi ha fatto una soffiata sulla ricerca in corso di un profilo come il mio. Spesso è solo una questione di tempismo, di far arrivare il tuo CV esattamente nel momento giusto. E così è stato. Ho affrontato la selezione e oggi sono qua. L’Amministratore Delegato mi ha detto che sono stata scelta io, fra gli altri candidati, per la mia flessibilità. A distanza di qualche anno mi rendo conto di cosa intendesse: il mio ruolo è evoluto molto nel tempo e i suoi confini si sono allargati anno dopo anno. Sono cresciute le responsabilità, gli incarichi, le energie spese… ma anche le soddisfazioni e lo stipendio!
D: Tu hai utilizzato molto il web per la professione: vuoi raccontarci la tua esperienza?
R: Come ti dicevo, sono una persona curiosa e avevo tempo a disposizione. L’idea è nata al parco mentre portavo a spasso il cane. Anche in questo caso è stata fondamentale la rete di relazioni: un amico, proprietario di quattro zampe anche lui, aveva in mente un progetto circa un circuito di siti web che, nell’ambito di diverse discipline, fosse garanzia di una informazione di qualità. Lui aveva a sua volta un amico, web designer ed esperto di comunicazione e scrittura creativa. Questa idea è rimpallata da una testa all’altra finché ha preso la forma di PsicologiaOK: un canale accessibile a tutti per diffondere un’informazione di qualità sulle tematiche psicologiche con una modalità giovane e fresca, a tratti leggera (che non vuol dire superficiale!) che rendesse le informazioni fruibili da chiunque, anche da chi si accostasse per la prima volta a questa disciplina. Abbiamo anche un canale youtube che contiene alcuni video realizzati apposta con questo scopo. Insomma, la mission di PsicologiaOK è quella di accompagnare i nostri lettori nella scoperta di questa meravigliosa disciplina che è la psicologia, trattando temi ad ampio spettro e fornendo informazioni, consigli e il sostegno di professionisti competenti nei più disparati contesti. La psicologia di cui vogliamo parlare è soprattutto quella del quotidiano, quella utile per affrontare le piccole grandi sfide di tutti i giorni: a casa, nel lavoro, nella vita di relazione, con i figli.
Hanno cominciato a ruotare intorno a PsicologiaOK diversi colleghi desiderosi di dare il proprio contributo con cui si sono avviati scambi e collaborazioni che hanno spesso travalicato i confini del progetto legato al sito e si sono trasformati in progetti sul territorio (come il seminario su arte e psicologia), interviste su giornali di tiratura nazionale, la creazione di una rete inviante e così via.
Ovviamente questo progetto mi ha catapultato anche nel fantastico mondo dei social network e del marketing legato alla diffusione tramite social di idee e progetti. La mia rete di contatti a questo punto ha subìto un’impennata inaspettata. Nuovi progetti si sono affacciati nella mia vita: dalla redazione a più teste e più mani di e-book alla creazione di nuove pagine, alla raccolta di film e libri fruibili in chiave psicologica. Tu e io ci siamo conosciute così, per esempio…e ora io sono qui a rilasciare un’intervista per il tuo nuovo progetto. E’ bello poter contare su persone che il web rende vicine a dispetto delle distanze geografiche e che condividono con te una visione del mondo e sono pronte per spendersi in progetti in cui anche loro credono. Regala una grande forza e tanto entusiasmo. Non tutti i progetti hanno visto la luce o hanno avuto successo, ma ognuno ha portato qualcosa: una competenza in più, un’idea, una persona. Ti pare poco?
Internet ha un potenziale immenso, a patto di saperlo domare rendendolo funzionale ai nostri progetti. Il rischio è la dispersività. Bisogna imparare a progettare minuziosamente la propria attività sul web, costruendo un insieme organico di interventi pensati per raggiungere obiettivi specifici individuati e delineati a monte. E’ fondamentale trasformare l’idea in obiettivi e in azioni concrete per raggiungerli.
D: Se dovessi dare un consiglio in generale a un giovane collega, cosa gli diresti?
R: La psicologia è preziosa: fornisce capacità e conoscenze che, se ben dirette e gestite, consentono di leggere con più facilità i contesti, regalano maggiore capacità di adattamento, flessibilità e apertura mentale, maggiore resistenza alla frustrazione e propensione al cambiamento, capacità di comunicazione, di gestione emotiva, empatia e facilità nel relazionarsi con tipologie diverse di interlocutori. Una grande ricchezza in qualunque contesto, se ci pensi bene. Poi però, specie se ci si deve creare un’attività professionale più o meno da zero, servono pragmatismo, iniziativa, intraprendenza, coraggio ma anche competenze “altre” (economiche, legali, di progettazione, tecnologiche e così via a seconda delle necessità).
Quindi se devo dare un consiglio è proprio quello innanzitutto di non irrigidirsi sull’immagine stereotipica dello psicologo. Ci sono molti campi in cui lo psicologo può fare la differenza e non sempre si tratta del classico studio di psicoterapia. Inoltre, se anche l’obiettivo fosse lo studio, ci sono molti modi di portare avanti la professione. Per ridurre il rischio di girare a vuoto è necessario attrezzarsi per ampliare la formazione psicologica “pura” con tutte quelle competenze che servono per gestire un’attività in proprio, ad esempio.
D: In particolare rispetto al tuo lavoro attuale, quale consiglio daresti a chi si affaccia ora alla ricerca di un lavoro?
R: Direi di non procedere a tentoni. Bisogna individuare gli obiettivi professionali, valutare le risorse a disposizione, quelle acquisibili e i vincoli da mettere in conto (un bilancio di competenze può essere uno strumento molto utile); gli obiettivi devono essere specifici e misurabili e devono essere connotati operativamente individuando tempi e metodi per raggiungerli… comportamenti concreti che devono essere messi in atto. Insomma: bisogna avere in mente un progetto e chiarire le fasi che lo definiscono per essere sempre in grado di capire a che punto siamo e se ci troviamo ancora sulla giusta rotta.
Poi, se ti riferisci al mio lavoro di selezione… prima o poi pubblicherò un “bestiario delle candidature”, tante sono quelle da far rizzare i capelli che mi trovo a leggere ogni giorno! Gente che allega il CV senza scrivere neanche un rigo neanche per salutare e gente che si dimentica l’allegato, gente che effettua invii multipli lasciando in chiaro tutti gli indirizzi e gente che invia fotografie improbabili. Anche in questo caso ho un solo consiglio: usare il buonsenso! Buona educazione, sobrietà e soprattutto chiarezza sulle competenze che si possiedono rispetto al ruolo per cui ci si candida. Se non se ne hanno… non ci si deve candidare! Spammare il proprio CV a caso è decisamente controproducente e citerò solo uno dei motivi, il più importante: inviare centinaia di candidature e non ricevere risposta alcuna è frustrante e deprimente. Impariamo a scegliere e scremare! Ne va della nostra salute mentale (e questo non vale solo per gli annunci di lavoro!).
Non dirò altro sull’argomento perché ho già scritto un piccolo vademecum su come scrivere un CV al meglio, che i tuoi lettori possono trovare qui.
Ringraziamo di cuore la collega Laura Caminiti per averci regalato la sua ricca esperienza.
Se sei un* collega e vuoi raccontarci il tuo “#Iohofattocosì”, o vuoi informazioni sul nostro progetto Psicologia al Lavoro, scrivici alle nostre mail o lascia un commento qui sotto!
sonia.bertinat@gmail.com
valentina_mossa@virgilio.it

Sonia Bertinat

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