Innanzi tutto, i generi degli uomini erano tre, e non due come ora, ossia maschio e
femmina, ma c’era anche un terzo che accomunava i due precedenti, di cui ora è
rimasto il nome, mentre esso è scomparso. L’andrógino era, allora, una unità per figura e
per nome, costituito dalla natura maschile e da quella femminile accomunate insieme, e
nella forma e nel nome, mentre ora non ne resta che il nome, usato in senso spregiativo.
Rileggo dopo tempo con piacere il racconto fatto da Aristofane nel Simposio di Platone.
Narra della eterna ricerca dell’altra metà nel genere umano. L’altra metà da cui fummo separati e a cui aneliamo ricongiungerci.
Si dà per scontato spesso, nel linguaggio comune, che l’altra metà sia il nostro complementare anatomico, il nostro opposto di genere.
Ma così facendo operiamo una netta riduzione del mito narrato.
In esso infatti si definisce che i generi inizialmente erano 3, maschile, femminile e androgino (in cui erano presenti sia il sesso femminile che il maschile).
Erano esseri strani, sferici, con quattro braccia e quattro gambe e il viso rivolto verso l’esterno attaccati attraverso quella che poi chiameremo schiena.
Come punizione per la loro tracotanza Zeus decide di dividerli in due di modo da ridurne il potere.
Una volta divisi però, le due metà, in prenda all’angoscia della separazione, passavano il tempo nel vano ricongiungersi tramite l’abbraccio; un abbraccio che non terminava più lasciando le due parti affamate e inattive fino al sopraggiungere della morte.
Zeus risolve il problema spostando anteriormente gli organi genitali di modo da poter permettere loro un soddisfacente ricongiungimento momentaneo che però permettesse loro di tornare alle loro attività in attesa del successivo ricongiungimento.
Ma qui sta la complessità che spesso la banalizzazione del concetto di “altra metà” scorda.
L’incontro delle due parti corrisponde a ciò che in origine fu la divisione. Ne consegue che gli androgini, una volta separati in maschio e femmina troveranno nel congiungimento eterosessuale il loro completamento.
Chi in origine era invece solo uomo o solo donna, una volta sdoppiato, ricercherà il proprio completamento nel congiungimento omosessuale.
Una visione del mondo che comprende tutte le varietà della sessualità in quanto inserite nel disegno complessivo del genere umano.
Ma oltre che una lettura relazionale inter individuale, possiamo anche darne una intra individuale, dove le relazioni tra le diverse parti si giocano in noi.
Il due che diventa uno, il ricongiungimento degli opposti non in senso di complementarietà anatomica ma in quanto altra parte del mio continuum. Quello che in prospettiva junghiana è il simbolo, il Sè, il fine ultimo dell’Individuazione.
Se il congiungimento con l’Altro esterno permette il nostro sviluppo sociale oltre che individuale, é il congiungimento, l’incontro con le nostre parti separate, che permette il nostro sviluppo interiore, lo scopo del processo individuativo, parti interne prima che esterne. E missione di benessere per ogni essere umano che voglia riappropriarsi di sè.
Da tempo dunque è connaturato negli uomini l’amore degli uni per gli altri che
ci riporta all’antica natura e che tenta di fare un essere solo da due e di risanare la natura
umana.
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Sonia Bertinat
Psicologa Psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico. Da anni mi occupo di dipendenze da sostanza e comportamentali. In parallelo mi occupo di tematiche LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) e dell'impatto delle nuove tecnologie sulla vita intrapsichica e relazionale delle persone.
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