Come cerco di fare tutti gli anni, ho dedicato due giorni al Salone del Libro di Torino. Come sempre avevo segnato, nei due giorni, più eventi di quelli a cui avrei potuto assistere, sia per mancanza del dono dell’ubiquità sia per massima stanchezza raggiunta ad una certa ora.
La visita avviene quindi all’insegna della corsa non all’evento… ma alla coda per accedervi.
E’ quindi un alternarsi di frenesia e lunghe pause in cui però è possibile conoscere chi sta in fila con te e confrontarti sulle diverse esperienze.
Ed in questa alternanza, in questo sentire più voci, mi sono ritrovata a recuperare un pensiero solo oggi. E il filo conduttore degli eventi, che (casualmente per quanto riguarda il filo) ho scelto, è stato il tempo. Tempo inteso come spazio, dilatazione per inserire un pensiero, tempo come lentezza e possibilità di prendersi i propri spazi (ne ho anche parlato qui).
Voglio ripercorrere allora con voi questo fil rouge.
Il tempo per guardare oltre
Nel primo incontro, REATO E RACCONTO. LE STORIE OLTRE LA SENTENZA, sono stata colpita in particolare dall’intervento di Elvio Fassone, magistrato. Da un racconto, in particolare, da lui fatto durante il suo intervento. Di una sentenza, ineluttabile, un ergastolo che non poteva non essere dato. Ma anche di un rapporto umano, che si recupera dopo la sentenza, dopo i tempi della giurisprudenza. Un rapporto umano che viene veicolato da una lettera, che il magistrato invia al condannato: perché l’elaborazione di ciò che accade emotivamente richiede tempo. Questa lettera viene accompagnata da un libro, Siddharta. E riceve una risposta, perché i messaggi giusti congiungono anche opposti come vittima e carnefice. E di opposti dell’animo parla Siddharta, ricordandoci che nessuno è solo buono o solo cattivo, ma che parti contrapposte risiedono in ognuno di noi. E solo dandoci del tempo, possiamo cogliere anche ciò che a prima vista, con un primo celere giudizio, viene celato.
Scavare richiede pazienza
Nel secondo incontro, UNA VITA DA EGITTOLOGO, il Direttore del Museo Egizio di Torino, Christian Greco, e i suoi collaboratori, hanno trasmesso la passione per un lavoro che ci mette in costante contatto col tempo passato, e con la cura e la pazienza per far emergere dalla sabbia (del tempo e reale) messaggi di un’altra era. Non è possibile fare questo mestiere di fretta, si rischia di rompere ciò che si cerca o di portarlo alla luce troppo presto e in condizioni non ottimali. Non devo dirvi vero quanto questo mi illumini come metafora per il mio lavoro. Ma da amante di Agatha Christie già lo sapevo 🙂
La complessità richiede tempo
Nel terzo incontro, Saviano con GOMORRA 10 ANNI DOPO. In una delle prime cose che dice, cita la complessità delle cose di cui si occupa da anni, e lo fa così:
“La complessità è la cosa più potente ed erotica che ci sia. (…) Per avere complessità bisogna darsi tempo.” Saviano
Perché se non ci diamo tempo, non possiamo approfondire, se non diamo tempo, non possiamo vedere i risultati dei nostri sforzi e vedere come, nel tempo, le nostre parole modificano il mondo. Sì, perchè, lui dice, non è l’autore a modificare il mondo, ma il lettore, perchè
“Il lettore protegge storie” Saviano
Le adotta, le fa sue, le divulga. Perché è vero che
“Tu puoi dominare la parola prima di pronunciarla. Dopo che l’hai pronunciata è lei che domina te.” Saviano
Con questo evento si è conclusa la prima giornata, che mi ha talmente ingolosita da farmi tornare il giorno dopo, e, sorpresa (o no?), il tempo continua a seguirmi.
La fretta decisoria uccide il confronto
Domenica mattina e mi avvio verso una discreta coda, preliminare all’incontro COSTITUZIONE! PERCHÉ ATTUARLA È MEGLIO CHE CAMBIARLA con Zagrebelsky e Settis. Si parla di Costituzione!, il libro di Settis e di Costituzione, la nostra. Ci si concentra sull’articolo 9, dedicato all’arte. E subito un déjà vu mi assale, legato alla giornata precedente, quando si cita l’importanza dell’archeologia.
“L’archeologia è la ricerca dell’archè, esplora i fondamenti della nostra società e non è solo ricerca di sassi come sostiene qualcuno.” Zagrebelsky
Archè (in greco ἀρχή, che significa «principio», «origine») rappresenta per gli antichi greci la forza primigenia che domina il mondo, da cui tutto proviene e a cui tutto tornerà. (Fonte)
Perché curarsi della Costituzione, attuarla prima che stravolgerla (come indica Settis nel suo sottotitolo), è curarsi di un qualcosa che è stato, che può essere sì modificato, ma non sotto l’impulso della fretta.
E ci ricorda Fava, la curatrice del libro
“L’idea della velocità ci è stata così ben inculcata che non ci stupiamo più delle restrizioni che comporta. Viene esaltata come valore ma la rapidità era il motto del fascismo che sosteneva che la discussione fosse una perdita di tempo; perché esisteva una strada solo da percorrere, in fretta, e ritenuta giusta a priori.” Fava
Le emozioni richiedono tempo
Ancora presa dalle riflessioni dell’incontro sulla Costituzione, mi avvio all’incontro NELLO SPAZIO CON SAMANTHA, con Samantha Cristoforetti. Trovo una coda immane, con tante famiglie e bambini trepidanti. Arrivata a pochi passi dall’ingresso ci impediscono di entrare perché lo spazio era pieno, Avendo però osservato chi entrava, aspetto fiduciosa. Infatti, in poco tempo entriamo; perché molti entravano solo per fare la foto e uscire. Importanza per l’attimo fugace dell’esserci senza darsi tempo per il sentire. Uditivamente ed emotivamente.
Ad un certo punto viene posta una domanda alla nostra astronauta: “Quali emozioni nuove ha trovato nello spazio, guardando la terra?”. Lei risponde (vado a braccio non avendo annotato le parole precise).
Le emozioni umane sono una delle cose che ci rende tutti uguali. E non c’è differenza tra l’osservare un panorama dall’alto della montagna o la terra dallo spazio. L’importante è sapersi meravigliare di ciò che si vede. Non ho provato emozioni nuove. Né impetuose. Non amo l’adrenalina da bungee jumping (che non farei mai), istantanea e fugace. Se non avessi fatto il percorso che ho fatto, i decenni di preparazione, di formazione e allenamento non avrei provato le emozioni che ho provato, perché scaturiscono, non solo dal momento vissuto nel presente, ma anche da tutto ciò che è stato prima.
Conclusioni
E’ il percorso che fa di noi ciò che siamo e che ci permette di vivere le cose per come le viviamo. Dobbiamo prenderci del tempo, per riflettere, del tempo per sentire, del tempo per vivere appieno le nostre esperienze.
Analizzare le cose con calma e pazienza ci permette di trovare tesori preziosi e delicati, di analizzare le cose apprezzandole nella loro complessità, cogliendone luci ed ombre.
Perché solo se le esperienze sono vissute intensamente, ci lasciano dentro qualcosa.
Il fugace attimo svanisce effimero.
Sonia Bertinat
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