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Matasse psicologiche: lavorare con le trame

L’altro giorno ho pubblicato su Facebook uno stato, spinta da una frase di ricerca che aveva portato al mio sito: “sbrogliare la matassa psicologica”. Il lavoro psicologico ha spesso come oggetto trame che originano da una matassa aggrovigliata.

Quello che voglio fare qui è ampliare il discorso non possibile in un singolo post.

Mia madre ha sempre lavorato a maglia e io ho imparato da lei e mia nonna a fare altrettanto.

Due aspetti mi sono venuti in mente quando ho letto quella frase e che seguono un po’ il filo del precendente post.

Come recupero gli errori?

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Quando si lavora a maglia spesso può capitare di fare degli errori. Un punto che cade, un passaggio sbagliato. Per quanto si dica che simili errori sono segnale di un lavoro non automatizzato ma manuale, genuino, si cerca sempre comunque di recuperarli.

La tecnica di mia madre, molto più certosina, è quella di armarsi di uncinetto e con pazienza andare a recuperare l’errore, ricostruendo la trama passo dopo passo.

Io, che poca pazienza avevo, ho sempre preferito disfare tutto fino al pezzo errato e da lì ripartire.

Quale sia la tecnica corretta non lo si può dire. Ogni caso è diverso e ogni persona è diversa. Ma soprattutto ogni errore, ogni anomalia, ogni inceppamento richiede un’attenzione diversa.

Quando una persona arriva in terapia spesso presenta nella trama della sua vita dei punti da rimettere in armonia col resto. A volte è possibile, con un po’ di pazienza, agire solo sul punto specifico per riottenere una trama che fila. Altre volte è più funzionale disfare tutto ciò che è venuto dopo l’inceppo proprio perché è stato costruito su una premessa disfunzionale e anche se si rimettesse a posto il punto critico la trama nel suo insieme non sarebbe scorrevole. Un po’ come la farfalla che sbatte le ali e crea un tornado dall’altra parte del mondo.

Come unire le giunture dei fili

A volte i vari frammenti narrativi della nostra vita devono essere uniti gli uni con gli altri, non può esserci una matassa unica che ci accompagna nel corso della nostra esistenza.

Ma come li uniamo i fili?

La cosa più immediata da fare sembra essere quella di legare i due capi, nuovo e vecchio, in un bel nodo, solido resistente. Però un nodo è anche un qualcosa su cui ci si può bloccare, che può ostacolare il fluire omogeneo del nostro essere. Un punto tra prima e dopo.

Un altro metodo, invece consiste nel prendere i due capi delle due matasse e sovrapporli per una certa lunghezza e continuare a lavorarli insieme finché il vecchio finisce e rimane solo il nuovo. Il segno rimarrà sempre della giuntura, un po’ più spesso, ma molto più fluido. E’ una modalità che va fatta con cura, i due capi devono essere sufficientemente lunghi da non sfilarsi.

Spesso nelle trame della nostra vita abbiamo più nodi che armoniose sovrapposizioni e i disagi che proviamo, le cose che non ricordiamo sono causate da quelli inceppi.

Matasse ingarbugliate

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Ma veniamo all’oggetto da cui sono partita nel post. Il materiale con cui costruiamo le nostre trame di vita.

Se non abbiamo cura, o non possiamo averla, dei fili che intessiamo il rischio di non poter proseguire è alto.

Spesso infatti, soprattutto quando si lavora a maglia con più filati contemporaneamente, occorre molta attenzione per far si che non si ingarbuglino tra di loro. Può essere utile tenerli in scatole separate ad esempio. Separate ma accessibili.

Oppure, se non si sa prendere bene il primo bandolo, si rischia di non seguire il normale sciogliersi della matassa e trovarsi con il filo bloccato all’interno. In questi casi è controproducente tirare per farlo scorrere. Così facendo, infatti, si rischia solo di bloccarlo di più.

Ciò che bisogna fare è prendere delicatamente la matassa tra le mani e allargarla, distenderla, per far si che ciò che blocca il filo si allenti.

A volte si scopre che si stava usando il filo sbagliato e allargando la matassa si trova il capo che era da utilizzare.

Una regola generale, poi, è che il capo migliore da cui cominciare per non incorrere in inceppi è all’interno, nel cuore della matassa. Non all’esterno.

Nella nostra frettolosa vita rischiamo di tirare troppo anche se sentiamo che non riusciamo a proseguire.

Conclusione

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Se consideriamo le trame della nostra vita come un continuo lavoro a maglia, queste accortezze ci possono essere utili per evitare dei blocchi o dei disagi.

Fermarsi un attimo e vedere che filato stiamo usando, come scorre, se abbiamo lasciato dei buchi che poi “pagheremo” non è una perdita di tempo. Anche qualora si scopra che dobbiamo “disfarne” un pezzo per poter ripartire.

Essere consapevoli che il filo giusto parte da dentro e non dalla superficie,

Avere cura delle proprie storie vuol dire anche questo.

Tirare non serve.

 


Immagini tratte dal web e da Pinterest

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Sonia Bertinat

Psicologa Psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico. Da anni mi occupo di dipendenze da sostanza e comportamentali. In parallelo mi occupo di tematiche LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) e dell'impatto delle nuove tecnologie sulla vita intrapsichica e relazionale delle persone.

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