Il ghiaccio interiore ne “L’albergo delle donne tristi” di Marcela Serrano*

In un albergo del sud del Cile ereditato dal padre, Elena, psichiatra e rivoluzionaria, accoglie le “donne tristi” che hanno bisogno di un periodo di conforto.

Elena oscilla tra la buona padrona di casa, l’abile terapeuta, la giusta educatrice nell’accogliere le sue ospiti, provenienti da ogni ceto e situazione sociale ma tutte accomunate dalla tristezza di vivere, spesso reduci da situazioni di vita o relazionali traumatiche o luttuose.

Floreana, la protagonista del libro, è una di queste donne. Chiusa in un dolore mortifero che assumerà un nome nel corso del libro, si presenta algida ma restia alle regole. Storiografa di fama, pensa tuttavia che nessuno conosca i suoi libri. Studia da anni una popolazione indigena che sembra averla rapita dal contatto coi suoi contemporanei. Separata, con un figlio, sua ragione di vita, che ha scelto di vivere con il padre.

Da tempo Floreana ha deciso che le sue relazioni sentimentali appartengono al passato, un passato di delusioni che l’hanno portata a decidere che la castità sarà la sua via ideale e arriva all’Albergo per sedimentare questa decisione e trovare la tranquillità per cominciare il nuovo libro. Da tempo ha rinunciato al sesso, e non per mancanza di desiderio ma per non farsi contaminare, incrinare, invadere dall’altro vissuto come pericoloso per la nostra integrità. Floreana desidera e desidera ardentemente e lo si vede dai brevi incontri amorosi in cui incappa ma all’ultimo si ritrae alternando il pentimento alla gratificante sensazione di aver resistito.

Castità che difende con veemenza soprattutto di fronte alle perplessità di Elena o delle altre ospiti che vedono in lei una donna piacente e nel fiore degli anni. Una castità che dal piano fisico invade i sentimenti rischiando di inaridirla.

Arrivata all’albergo Floreana si confronterà con l’attrice famosa, la manager, l’artista e tutto un variegato mondo femminile che la porterà in un viaggio attraverso le luci ed ombre della femminilità.

Ma, soprattutto, Floreana incapperà in una serie di eventi/coincidenze che la faranno uscire dalla clausura alberghiera per entrare in contatto con il piccolo paesino di pescatori adiacente all’albergo. Un paesino che la incanta da subito per il suo sembrare fuori dal mondo, così lontano dalla caotica Santiago.

E la sua granitica impostazione comincia a subire delle incrinature dettate dal clima e dall’incontro con il medico del paese, Flavian, altra anima inquieta, ferita e delusa, in versione maschile. Un personaggio che ci distoglie dalla sofferenza solo al femminile per portarci nell’universo della sofferenza umana che non ha sesso di elezione, ma solo differenti modalità individuali di essere affrontata ed espressa.

Un incontro/scontro che appare da subito difficile e ostico. L’incontro di due diffidenze prima ancora che di anime. Ma in quei rari momenti in cui le loro anime si sfiorano, abbandonate le corazze, complice un tango, un libro, un tramonto, allora danzano armoniosamente insieme nella gioia dell’essersi trovate. Ma la corazza subitaneamente ritorna e gli arcobaleni dell’anima lasciano il posto al grigiore delle paure e della diffidenza.

Tra loro, il deus ex machina, il cugino di Flavian, Pedro, un giovane omosessuale che scrive romanzi erotici e che si innamora platonicamente di Floreana,  da tempo ammiratore appassionato della sua opera storiografica. E’ lui che incarna la spinta vitale e sensuale tra i due grigiori di Flavian e Floreana e come un moderno cupido (ha anche i riccioli biondi) cerca di creare situazioni per favorire l’incontro emotivo tra i due.

Il percorso di recupero nell’albergo per Floreana si configura da subito con molte anomalie rispetto allo standard, con numerose eccezioni alle regole più o meno dette e più o meno sancite da Elena che osserva con preoccupata apprensione i movimenti di Floreana.

Ma se Flavian fugge al desiderio per Floreana, lei non è da meno e riescono in modo mirabolante a fraintendersi, male interpretarsi, opporsi, pur di non incontrarsi.

La “tristezza” come un denominatore di un gruppo molto eterogeneo. Una lettura al femminile in cui in ognuna di queste donne tristi si può trovare una parte di noi, forse proprio la parte che ci urta di più.

Quante volte, come Floreana, abbiamo lasciato congelare un’emozione, un sentimento per la sola paura di viverlo?

Quante volte, come queste donne, ci si è isolati dal mondo delle emozioni per non soffrire; senza nemmeno porsi un limite temporale come avviene nell’Albergo?

Quante volte i pesi del passato influiscono sulla nostra vita?

 

 

*Pubblicato in origine il 10 Marzo 2013  per il portale Psycoteca, ormai non più online

The following two tabs change content below.

Sonia Bertinat

Psicologa Psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico. Da anni mi occupo di dipendenze da sostanza e comportamentali. In parallelo mi occupo di tematiche LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) e dell'impatto delle nuove tecnologie sulla vita intrapsichica e relazionale delle persone.

Ultimi post di Sonia Bertinat (vedi tutti)

Commenta con Facebook!

Comments 1

  1. Pingback: bla bla blogger 1 dicembre 2015 - Social-Evolution di Paola Chiesa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.