Voi direte… beh certo, dove sta l’immaginazione se non nella nostra testa? Sono d’accordo, ovviamente. Ma l’immaginazione deve essere messa “in testa” non solo in quel senso. Deve essere integrata col pensiero, e deve essere tenuta a mente, considerata, usata nel nostro quotidiano.
Come dice Calvino in una intervista:
Qualche anno fa si diceva: “L’immaginazione al potere”, che sembrava uno slogan molto bello. Poi ripensandoci, il segreto è che l’immaginazione non prenda mai il potere: cioè non diventi parola d’ordine, programma obbligatorio. L’immaginazione, la fantasia, la creatività – di cui tanto si parla – devono contrapporsi a un elemento di routine, di limitatezza, di prevedibilità, che rende la vita vivibile. Guai se c’è solo il prevedibile, ma se tutto è fantasia non si tocca niente, non si realizza niente.
E’ con l’immaginazione che da bambini siamo riusciti a scardinarci da quello che Piaget definisce pensiero concreto per approdare al pensiero astratto. E’ la capacità che i bambini lentamente sviluppano di andare oltre il dato sensoriale, l’oggetto, per poter creare ciò che non c’è, che non è disponibile ai sensi.
Ed ecco allora che un tronco diventa una macchina, delle pietre diventano delle patate ad esempio. Ricordo con un sorriso le ciliegie poste sulle orecchie a mimare un paio di orecchini o il bellissimo gioco (oggi direi proiettivo) che consisteva nel dare una forma alle nuvole. Distese nel cortile delle scuole elementari, e braccia dietro la testa a guardare quelle soffici forme a cui davamo un nome.
Non amo per questo particolarmente i giochi per bambini estremamente strutturati in ruoli o funzioni perché credo che tali ruoli e funzioni debbano scaturire liberamente dalla mente del bambino per forgiare l’elemento grezzo che hanno di fronte. Fornirli in modo preconfezionato è un po’ come farli diventare quel programma obbligatorio di cui ci parla Calvino.
Leggiamo nella definizione della Treccani:
Per la psicologia classica l’i. è quel processo del pensiero capace di trasformare progressivamente nella coscienza i dati dell’esperienza e di creare elementi nuovi.
Nello sviluppo dell’individuo, esperire le immagini può essere considerato come l’inizio dell’attività cosciente; l’i. aiuta i processi mnemonici ma, soprattutto, libera il bambino dalla esclusiva e primaria dipendenza dalle sensazioni, immediate e concrete. Anche la simbolizzazione dipende dalla presenza dell’i., secondo il passaggio da immagine-sensazione a immagine-metafora.
I bambini questo lo sanno bene ma da adulti spesso ce lo dimentichiamo. Pur essendo da tempo passati al pensiero astratto tendiamo a relegare il ruolo dell’immaginazione al campo artistico dove pare lecito si manifesti. Ma rischiamo di ignorare il suo ruolo in tutta la nostra vita. Avremmo avuto molte delle scoperte scientifiche di cui beneficiamo se gli scienziati non avessero immaginato ciò che non c’era e non era dato ai loro sensi?
Le immagini provengono direttamente da noi, sono la forma con cui la nostra interiorità ci parla e i sogni ne sono solo un esempio. L’immagine racchiude in sé tutto ciò che è necessario sapere anche se, spesso non è esprimibile a parole.
Cosa sono i progetti di vita, le relazioni che desideriamo allacciare se non l’immaginazione in atto?
L’aridità che spesso la quotidianità crea in noi rischia di privarci di questa fondamentale funzione dell’animo umano.
Ho scritto poco tempo fa sulle nostre ambizioni inespresse e, leggendo i commenti al mio post e ai post che me lo hanno ispirato, emergevano desideri e ambizioni molto legati alla possibilità di immaginare mondi altri, espressioni altre per noi stessi.
Il rischio è quello però di vivere due vite, in mondi separati, quello reale e quello immaginale. Un po’ il rischio che si corre nell’approcciarsi al web. Due mondi in cui soddisfo necessità diverse ma che non riesco a integrare, che non riesco a far dialogare.
Ecco, si può dire che
[Tweet “L’immaginazione è il mondo virtuale dentro di noi”]E’ la distinzione tra il qui ed ora, circoscritto, limitato, e il possibile, i cui confini sono infiniti. Ci permette di volare pur tenendo i piedi per terra.
Come dicevo qui, l’uso delle immagini, la loro sollecitazione, e la loro integrazioni con la nostra personalità razionale, quella del qui ed ora, è un passaggio fondamentale del percorso psicoterapeutico. Chi mi conosce sa quanto io ami le metafore, immagini verbali che amplificano il pensiero permettendogli di aprirsi a quegli altri mondi. Ma riconosciamo loro la valenza di metafore, perché non c’è mortificazione maggiore per l’immaginazione dell’appiattimento letterale.
Teniamo, quindi, l’immaginazione in testa e caliamola nel nostro quotidiano affinché ne venga colorato.
Sonia Bertinat
Ultimi post di Sonia Bertinat (vedi tutti)
- La fatica del cominciare - 5 Marzo 2022
- “Game Hero” contro il panico morale verso i videogiochi - 16 Novembre 2021
- Umanità digitale - 29 Ottobre 2021
Comments 3
Pingback: Il tempo saturato: le maratone quotidiane - Identità in gabbia di Sonia Bertinat
Pingback: bla bla blogger 12 novembre 2015 - Social-Evolution di Paola Chiesa
Pingback: La noia: spinta creativa o inedia mortifera? - Identità in gabbia di Sonia Bertinat