contatto umano

Human touch: l’importanza del contatto umano

In questi giorni sono incappata in diversi stimoli che mi hanno fatto riflettere sull’importanza del contatto umano nelle interazioni in cui siamo coinvolti.

In un’epoca in cui la digitalizzazione va per la maggiore infatti, sembra che per una buona interazione il fatto di avere l’idea di avere di fronte un essere umano migliori di molto la qualità dell’esperienza.

“La scrittura a mano è un patto”

Il primo stimolo è un tutorial (dal min 21.46) di Makkox nella trasmissione Gazebo su Rai Tre. Partendo dalle foto fatte da un politico a biglietti scritti a mano e poi postati sui social, Makkox in modo ironico (ma a mio parere veritiero) ci fa vedere la differenza di impatto psicologico nel vedere una scritta con un font o una manoscritta. La scritta a mano crea, in certi contesti più vicinanza e impatto emotivo, spesso convince pure di più di quella pulita e regolare dei caratteri di stampa.
Come se la scritta manuale portasse con sé, anche se non lo vediamo, un’immagine della mano e della persona che l’ha prima pensata e poi scritta.

[Tweet “La scrittura a mano è un patto (…)  è il segno dell’uomo. @makkox”]

“Creare una visione, compiere scelte”

Il secondo stimolo viene da un articolo di Riccardo Scandellari che analizza come i contenuti automatici con cui vengono scritti alcuni post non raggiungano mai lo stesso risultato dei post scritti da persone in carne ed ossa. E questo perché, continua richiamando la teoria di Gardner sulle Intelligenze Multiple, le macchine potranno eguagliare l’intelligenza umana solo nella sua componente logico-matematica, ma falliscono laddove interviene la creatività.

[Tweet “All’essere umano sono richiesti compiti (…) quali costruire relazioni autentiche @skande”]

“Ogni parola in differenti contesti può avere mille significati.”

Il terzo stimolo è stato un articolo di Francesca Ungaro per In Time Blog. Nella sua recensione al libro “La Psicologia di Internet” di Patricia Wallace, Francesca si sofferma su un aspetto: la mancanza della comunicazione non verbale negli scambi virtuali è un grosso danno per la qualità della comunicazione. Rischia infatti di portare a derive comunicative che possono esitare in aggressività o incomprensioni. Nei commenti al post ho sottolineato come l’introduzione degli emoticon abbia in parte arricchito emotivamente gli scambi virtuali fornendo una parte di quella componente che viene a mancare.

[Tweet “La ricchezza del nostro Linguaggio Corporeo non ha fine. @franciungaro”]

Essere umani in terapia

Il quarto stimolo, che mi porta su un terreno più conosciuto, la psicoterapia, è la lettura del libro di Irvin Yalom “Sul lettino di Freud”. Il tema conduttore di tutto il libro è la contrapposizione tra una impostazione ortodossa della terapia, con terapeuta silente che non lascia trapelare nulla di sé, ed una impostazione più innovativa di un terapeuta non solo più partecipe della relazione terapeutica ma che, se necessario per il paziente, svela particolari su di sé, siano essi legati alle proprie emozioni o alla propria vita personale effettuando una self-disclosure. Un terapeuta che diventa più umano.

[Tweet “Ho cercato di essere più umano e meno meccanico – Irvin Yalom”] dice l’anziano Trotter al giovane Lash.

E quindi?

La meccanica, la tecnologia, ci è oggi indispensabile.

Le teorie di riferimento sono indispensabili.

Ma è solo quando attuiamo un vero contatto umano che mettiamo al primo posto la persona e a beneficiarne sarà anche lo strumento.

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Sonia Bertinat

Psicologa Psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico. Da anni mi occupo di dipendenze da sostanza e comportamentali. In parallelo mi occupo di tematiche LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) e dell'impatto delle nuove tecnologie sulla vita intrapsichica e relazionale delle persone.

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