“Se mi lasci ti cancello”. Questa è l’infedele traduzione del film “Eternal Sunshine of the Spotless Mind”(*), con Jim Carrey.
In questo film si parla di una tecnica cerebrale per cui era possibile effettuare una cancellazione selettiva di alcuni ricordi dolorosi per cui, nel caso di una relazione finita, tutti i ricordi legati all’ex partner vengono cancellati, e insieme a loro anche il dolore. Nel film tuttavia i due si incontrano di nuovo, ignari di essere stati insieme in precedenza e si innamorano come se fosse la prima volta se pur con un vago senso di deja vu di sottofondo. Vi lascio il resto alla visione del film perché non è di questo che voglio parlare.
I film mi è venuto in mente leggendo questo articolo, riportato da Il Fatto Quotidiano, “Il web ci impedisce di chiudere con gli ex?“. L’elaborazione del lutto amoroso necessita della cancellazione dell’altro?
In sintesi, in esso si sostiene che il web (leggete: il modo di gestirlo) impedisce l’elaborazione del lutto da separazione se si mantengono i contatti con gli ex (quando siamo stati lasciati, ovvio). Questo perché il rimanere in contatto rischia la messa in atto di comportamenti ossessivi di controllo dell’altro, della sua “vita senza di noi” impedendoci di separarci emotivamente da quella persona.
Tutto apparentemente condivisibile. Chi può dire che i comportamenti descritti non siano deleteri? Quello che mi chiedo è: perchè imputarlo (solo) al web?
Che differenza c’è tra chi li mette in atto sul web e chi li mette in atto nel reale (appostamenti sotto casa, controlli al lavoro ecc). Certo, il web ci agevola. Ma è il ricettacolo del problema? Ho parlato di un argomento simile qui.
Per rimanere in ambito cinematografico, sono molti i film che parlano delle ossessioni d’amore dove il non riuscire ad accettare una separazione porta l’abbandonato a mettere in atto comportamenti ossessivi, spesso a livello di stalkeraggio. E molti di questi sono datati, in un tempo in cui il web era forse una fantasia nella mente di pochi. Ma la dinamica è stata raccontata così tanto perché è una dinamica umana. Uno fra tutti, “Adele H. – Una storia d’amore” che tratta di una storia vera, ma ce ne sono di più vecchi.
La difficoltà a lasciare andare l’altro, non l’altro fisico, l’altro che è dentro di noi, è una difficoltà nostra.
L’articolo suggerisce di rimuovere gli ex dai social network per agevolare la guarigione. Siamo sicuri che questo serva?
Chi non riesce a staccarsi, si sentirà meglio a non avere più tra i contatti l’ex? O comunque nella sua mente continuerà a rimuginare?
Ho conosciuto persone che toglievano gli ex dai contatti e poi farsi account fasulli per seguirli in incognito o persone che chiedono agli amici in comune di riferire cosa stia facendo l’ex e così via.
E’ palese che continuare a seguire ossessivamente l’ex nella sua “vita senza di noi” non faccia bene. Concordiamo tutti penso su questo. Ha sicuramente una certa componente masochistica questa ricerca ossessiva. Ma, e scusate la ridondanza, dipende dal web? Siamo sicuri?
Il problema è il rimanere fissi nell’idea dell’altro; ma rileggere le lettere, riguardare le foto insieme, in modo compulsivo, è così diverso dal vedere le sue attività sul web?
Mi sembra che il web a volte diventi un ottimo alibi o ricettacolo per le nostre tribolazioni mentali… moderna proiezione telematica. Il rischio potrebbe essere una deresponsabilizzazione rispetto ai nostri processi mentali e comportamenti?
Visto che l’articolo in analisi cita la “morte”, mi viene in mente un altro film, “Inception“. La difficoltà di lasciar andare la moglie morta diventa un ossessione per il protagonista che la mantiene in vita in un angolo della sua mente, un modo parallelo costruito da e per loro (ovviamente nella logica del film). Il comportamento del protagonista ha molte componenti ossessive che lo preservano da quello che cerca di evitare. E che tutti vorremmo scacciare. Il dolore della perdita.
Un dolore in cui dobbiamo immergerci, vivere, come in un bozzolo e dal quale dobbiamo uscire, elaborandolo. Ma questo è un processo psichico e emotivo che non è detto che venga agevolato da ciò che consiglia l’articolo. E’ in noi stessi che dobbiamo immergerci per trovare gli strumenti per superarlo. Per salvare ciò che di buono quella relazione ci ha dato, in termini di arrichimento o crescita, foss’anche attraverso la consapevolezza di un errore.
Quando il partner muore non è più contattabile, seguibile, spiabile, eppure quanto è difficile lasciarlo andare? Dovremmo buttare via tutte le foto? Tutte le cose che ce lo ricordano per poter superare il dolore? Vendiamo la casa in cui abbiamo vissuto insieme?
Cancelliamo i ricordi?
(*) Trad: “Infinita letizia della mente candida” da un verso di Alexander Pope
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Sonia Bertinat
Psicologa Psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico. Da anni mi occupo di dipendenze da sostanza e comportamentali. In parallelo mi occupo di tematiche LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) e dell'impatto delle nuove tecnologie sulla vita intrapsichica e relazionale delle persone.
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