« [Oggi], una penna è sufficiente ad azionare milioni di lingue » (Gabriel Tarde, 1901)
Negli ultimi anni è letteralmente esploso un fenomeno da sempre osservato, aprendo i cancelli a orde di tifoserie infervorate che si sono riversate in primis sul web ma non hanno lesinato il mondo offline.
Chi è il tifoso sfegatato? Colui che sceglie una squadra del cuore e non la lascia più nonostante eventuali segnali contrari che quella squadra non metta in atto un gioco corretto, o non sia motivata da un regolamento cristallino oppure abbia fatto errori madornali nello scontro con l’avversario. No, perchè la squadra è appunto “del cuore” e al cuore non solo non si comanda ma nemmeno si oppone la ragione.
Se questo, limitato allo sport, poteva far sorridere e, tutto sommato, non influenzava più di tanto le nostre vite, il modello di tifoseria da bar ha cominciato ad invadere altri campi, dalla politica, al diritto, all’economia e via dicendo.
I social network ci hanno resi tutti esperti di qualcosa per l’aver letto un articolo o per l’aver seguito l’allenatore la guida del momento. Siamo affamati di imbonitori e tutti ci vogliono dire la (loro) verità su quell’argomento. E tale verità, come in un derby, ovviamente sarà antitetica alla verità di qualcun altro che a quel punto verrà identificato come il nemico.
Vegani contro carnivori (e in atto in questi giorni il torneo sollecitato dalle dichiarazioni dell’OMS sulla pericolosità della carne rossa), italici contro stranieri, religiosi contro atei e così via (potrei elencarne molti ma sicuramente siete stati spettatori o giocatori di questi derby). Ultimamente sono impegnata nello sfiancante derby tra delirio e realtà in merito all’annoso tema del “gender” (puoi leggere cosa intendo qui e qui).
Ma come dicevo i temi sono molti e non voglio addentrarmici. Quello che voglio sottolineare sono le dinamiche di gruppo che vengono attivate.
Perché c’è questo attaccamento fideistico ad una fazione/pensiero che impedisce di utilizzare le informazioni che vengono fornite per mettere in discussione un pensiero così rigido?
Come per le classiche scimmiette, con l’eccezione che il “non parlo” viene abolito a favore dello sproloquio.
Perché una partita o si vince o si perde (il pari non è contemplato) anche se per farlo devo mettere in atto azioni scorrette, fallose come l’invenzione di bufale o la manipolazione delle informazioni.
Per una spiegazione a tutto ciò, ci viene in aiuto un’area di studio della psicologia sociale: la psicologia delle folle:
<<La folla è (fonte):
– Aggregato rudimentale e amorfo, che agisce senza responsabilità né razionalità
– Moralmente e intellettualmente inferiore alla media dei componenti
– Guidata da istinti, incontrollabile e imprevedibile.
Le caratteristiche della folla
• Sentimento di potenza invincibile il senso di responsabilità scompare
• Il contagio mentale orienta i comportamenti “a tal punto che l’individuo sacrifica molto facilmente l’interesse personale all’interesse collettivo”
• La suggestionabilità, il cui effetto è dato dal contagio, fa sì che l’individuo cada “in uno stato particolare, assai simile allo stato di fascinazione dell’ipnotizzato nelle mani dell’ipnotizzatore
I capi agiscono con 3 mezzi:
– L’affermazione: “quanto più (…) è concisa, sprovvista di prove e dimostrazioni, tanto maggiore è la sua autorità”
– La ripetizione: “ciò che si afferma finisce, grazie alla ripetizione, col penetrare nelle menti al punto da essere accettato come verità dimostrata”
– Il contagio: “le idee, i sentimenti, le emozioni, le credenze, possiedono tra le folle un potere contagioso intenso (…)”
La persuasione, e la suggestione secondo queste teorie, ne sono i motori principali:
“Ogni società necessita di un meccanismo per prendere decisioni, risolvere le dispute e per coordinare le attività: la nostra ha optato per la persuasione” (A. Pratkanis, E. Aronson, Psicologia delle comunicazioni di massa, 1992)
I principi della persuasione (R. Cialdini, Teoria e pratica della persuasione, 2009 ed. it)
• Reciprocità (obbligo psicologico a restituire un favore)
• Impegno e coerenza (tendiamo a confermare le decisioni già prese)
• Riprova sociale (tendiamo a decidere in base a ciò che altri credono o fanno)
• Simpatia (preferiamo dire di sì a persone che conosciamo e apprezziamo)
• Autorità (tendenza ad acconsentire alle richieste di un’autorità)
• Scarsità (diamo più valore a ciò che è meno disponibile)>>
Cito, infine, le parole, molto più eloquenti di qualsiasi parafrasi io possa fare, degli autori che hanno analizzato il fenomeno delle folle.
Gustave Le Bon (1895), autore della “Psicologia delle Folle”, sostiene:
In determinate circostanze, e soltanto in tali circostanze, un agglomerato di uomini possiede caratteristiche nuove ben diverse da quelle dei singoli individui che lo compongono. La personalità cosciente svanisce, i sentimenti e le idee di tutte le unità si orientano alla medesima direzione. Si forma così un’anima collettiva, senza dubbio transitoria, ma con caratteristiche molto precise. La collettività diventa allora (…) una folla organizzata o se preferiamo, una folla psicologica. Tale folla forma un solo corpo ed è sottomessa alla legge dell’unità mentale delle folle. »
Gabriel Tarde, che sostituisce al concetto di “folla” quello di “pubblico” (inteso come “una collettività spirituale, una dispersione di individui fisicamente separati la cui coesione è interamente mentale”), vicino al concetto di comunità virtuali da social network, afferma nel 1901:
La stampa unifica e rinvigorisce le conversazioni… Ogni mattina i giornali forniscono al proprio pubblico le conversazioni del giorno… questa crescente somiglianza di conversazioni simultanee in un sempre più vasto dominio geografico è una delle più importanti caratteristiche del nostro tempo. […] I giornali hanno unificato nello spazio e diversificato nel tempo le conversazioni degli individui. … Anche coloro che non leggono giornali, parlando con quelli che lo fanno, sono costretti a seguire il solco tracciato dai pensieri presi in prestito di quelli…
Il sociologo Robert Ezra Park nel 1904 afferma:
“la cosiddetta opinione pubblica è generalmente niente più che un semplice impulso collettivo che può essere manipolato dagli slogan. … Il giornalismo moderno, che dovrebbe istruire e dirigere l’opinione pubblica riportando e discutendo gli eventi, solitamente si sta rivelando come un semplice meccanismo per controllare l’attenzione della collettività. L’opinione che si viene a formare in questa maniera, ha una forma logicamente simile al giudizio derivato da una percezione irriflessiva: l’opinione si forma direttamente e simultaneamente alla ricezione dell’informazione”
Da questi presupposti nacque la Psicologia Sociale, mia passione ai tempi universitari che sto rispolverando in questi tempi.
Edward A. Ross nel suo testo del 1908 “Social Psychology” sostiene:
“La presenza non è essenziale per la suggestione della massa. Il contatto mentale non è più vincolato dalla prossimità fisica… I nostri espedienti annullano lo spazio, rendono uno shock quasi simultaneo. Un vasto pubblico condivide la stessa rabbia, allarmi, entusiasmi e orrori. Quindi, quando una parte della massa viene a conoscenza dei sentimenti della restante parte, le sensazioni si generalizzano e si intensificano.”
*Le citazioni utilizzate sono prese da Wikipedia e sono traduzioni degli originali
Il periodo di crisi, di cambiamenti, di incertezze in cui viviamo, fa si che molte persone cerchino un riferimento quando tutti i riferimenti conosciuti sembrano crollare. Diventa campo facile per i persuasori che diventano capi da seguire, da adorare quasi, e soprattutto da non mettere in discussione. I proclami del capo diventano dei mantra che si diffondono nella folla/seguaci senza che ci sia una rilettura razionale dello stesso. Viene dato per vero alla base.
I complotti diventano reali, le bufale proliferano, il contagio emotivo dilaga sull’onda della paura che genera una paranoia collettiva in cui tutti possono essere nemici se non si allineano al pensiero del capo.
Internet è una grossa risorsa, usiamola non come mezzo per diffondere il contagio me per recuperare la nostra individualità pensante e tifate per quella, non per un pensiero imposto con mezzi poco chiari, non basati sui fatti e non scientifici. [Tweet “Mettiamo uno spazio di pensiero tra le informazioni ricevute e l’opinione personale che ne consegue.”]

Sonia Bertinat

Ultimi post di Sonia Bertinat (vedi tutti)
- La fatica del cominciare - 5 Marzo 2022
- “Game Hero” contro il panico morale verso i videogiochi - 16 Novembre 2021
- Umanità digitale - 29 Ottobre 2021
Comments 1
Pingback: Sessismo mediatico: dalle Olimpiadi a Venezia - Identità in gabbia di Sonia Bertinat