Avete visualizzato? Ecco, la fame d’amore è molto simile. Si vive nella perenne attesa di quel ritorno, ritorno che teniamo (o pensiamo di tenere) sotto controllo nell’essere le uniche depositarie della forza che gli permette di allontanarsi. Senza la nostra spinta, una volta tornato, non potrà riprendere il ciclo di oscillazioni, di andate e ritorni, di tradimenti e promesse. In questo ci sentiamo utili, a tratti fondamentali, indispensabili, ed è questa la sensazione che ci nutre.
Si è complici, protagoniste, vittime, di questo gioco perpetuo che si nutre delle aspettative altrui.
Cosa fare? Smettiamo di spingere! Smettiamo di dare energia e vigore a questo circolo vizioso che non ci dà altro che le spalle di chi pensiamo di amare. Smettere di spingere è la cosa più difficile da fare. Le oscillazioni piano piano rallenteranno (perchè chi è sull’altalena difficilmente penserà di doversi spingere da solo e forse non ne è capace) e ci implorerà, ci insulterà, ci farà sentire in colpa, cercherà, insomma in tutti i modi conosciuti di far si che si riprenda il “gioco”.
A questo punto dovremmo attingere a tutta la nostra forza, all’aiuto delle persone che ci stanno vicino e capiscono cosa stiamo passando, per resistere alle lusinghe, ai sensi di colpa.
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Sonia Bertinat
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Comments 4
…….e cominciare a spingere la nostra altalena interiore per permetterci di spiccare il volo in autonomia.
…….complimenti!!!!……la morbosità dell' "oggetto",….. del possesso, descritto con una metafora singolare ed implacabile…..tutti dovremo riflettere!!!.
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