fiabe

Le fiabe come patrimonio collettivo

Mi interesso molto alle fiabe e al loro uso anche con gli adulti come mezzo di conoscenza di sé e cura. Ho pensato di chiedere di parlarcene ad una collega che è decisamente esperta e ferrata sul tema dopo aver ascoltato la sua intervista sulle fiabe per una radio locale (trovate i link ai podcast radio in fondo all’intervista.

Per cui lascio la parola alla Dott.ssa Anna Laura Comba e buona lettura a voi!

Ciao Anna Laura, benvenuta nel mio spazio “Un caffè con”. Vuoi dirci brevemente chi sei?

Ciao Sonia, e grazie per l’invito, molto gradito. Io sono psicologa, psicoterapeuta e psicologa analista. Mi sono specializzata al C.G.Jung Institut di Zurigo, dove ho conseguito il diploma nel 2006, e in seguito mi sono formata come psicodrammatista presso la Gajap (Group Analythical Association for Research on Jungian Psychology and Psychodrama). In passato ho lavorato in contesti quali comunità psichiatriche, scuola, carcere, che hanno arricchito la mia formazione con l’esperienza “sul campo”. Attualmente vivo a Torre Pellice (To), dove lavoro privatamente come psicoterapeuta e conduco gruppi di psicodramma in diversi ambiti.

La tua formazione Junghiana ti ha permesso di approfondire molti temi collettivi tra cui le fiabe. Come è avvenuta la tua formazione in tal senso?

All’Istituto Jung di Zurigo, fedele agli insegnamenti originari dello psichiatra svizzero che lo ha fondato, ancora oggi viene dato molto spazio allo studio delle fiabe. Infatti, oltre a molti corsi e seminari, ben due esami su quindici hanno come argomento l’interpretazione delle fiabe, da un punto di vista teorico e clinico. E’ stato proprio durante i miei studi che ho incontrato le fiabe e ne sono rimasta affascinata, per la loro natura universale e per la loro applicabilità in campo terapeutico; mi ci sono dedicata con passione, approfondendone lo studio anche in seguito e proponendole, quando possibile, in ambito lavorativo.

Cosa sono le fiabe e a chi sono destinate?

Le fiabe popolari, le più studiate e interessanti da un punto di vista psicologico, sono racconti che sono stati raccolti dalla tradizione orale e successivamente trascritti, in particolare in Germania dai fratelli Grimm, in Italia da Italo Calvino, in Russia da Afanasjev. Originariamente avevano uno scopo di intrattenimento, ad esempio la sera intorno al focolare, oppure durante lo svolgimento di lavori domestici e tipicamente femminili, come la filatura; in questo modo, venivano tramandate di generazione in generazione. Diversamente, le fiabe d’autore, come quelle di Andersen, sono fortemente influenzate dalla vita e dalla personalità dell’autore stesso.

Secondo la definizione di Marie Louise von Franz, allieva e collaboratrice di Jung, [Tweet “”le fiabe sono l’espressione più pura e semplice dei processi psichici dell’inconscio collettivo”. Von Franz”]

L’inconscio collettivo è la matrice da cui nasce la singola psiche individuale, una sorta di ossatura psichica uguale in tutti gli esseri umani, in ogni luogo e in ogni tempo, al di là delle differenze culturali e personali. Esso contiene archetipi, ossia modelli predeterminati di comportamento umano. Gli archetipi si esprimono attraverso immagini, e sono proprio queste immagini che ritroviamo nelle fiabe, nei miti, nelle leggende, e anche nei sogni.

In altre parole, le fiabe narrano, attraverso un linguaggio simbolico, situazioni, vissuti, sentimenti, problematiche, modalità di affrontarle e di viverle, che riguardano sviluppo, crescita, solitudine, abbandono, paura, relazioni; questi sono aspetti che ciascuno di noi si trova ad affrontare nella difficile avventura del vivere, in quello che Jung chiama processo di individuazione.

Le fiabe indicano la possibilità di un percorso di sviluppo, sostenuto dalla speranza nel cambiamento e dalla consapevolezza che disponiamo delle risorse sufficienti per trasformare ogni situazione al meglio, a patto di saperle trovare e utilizzare.

La natura non realistica delle fiabe mostra che lo scopo della fiaba non è comunicare informazioni sul mondo esterno, ma chiarire i processi interiori degli individui.

Dunque, le fiabe non sono destinate esclusivamente ai bambini. Esse parlano all’animo umano, attraverso le loro immagini e i loro simboli. Pur avendo perso, per gli adulti, la funzione di intrattenimento che avevano un tempo, se adeguatamente utilizzate possono essere un interessante strumento conoscitivo in ambito educativo, formativo, esperienziale, terapeutico.

Qual è il ruolo delle fiabe in terapia?

All’interno di un percorso terapeutico individuale, le fiabe possono essere utilizzate, ad esempio, lavorando sulla fiaba preferita nell’infanzia, che può mostrare un tema importante e significativo per il paziente. Nella mia esperienza, accade che, ascoltando il paziente, oppure in associazione ad un sogno, mi venga in mente una determinata fiaba; allora propongo al paziente di leggerla e di lavorare insieme sul materiale che emerge. Gli echi che la fiaba suscita, le emozioni che risveglia, le parti della fiaba che la persona non gradisce e vorrebbe modificare, le possibili soluzioni al tema centrale della fiaba: tutto questo è materiale che illumina il mondo interno del paziente e mostra come possono essere affrontati i suoi nodi emotivi. In terapia, non occorre interpretare le fiabe esaustivamente, in tutti i loro dettagli; si tratta piuttosto di una riflessione giocosa su di esse, sui problemi esistenziali e sui processi psichici che vengono stimolati. Naturalmente, occorre avere una certa dimestichezza con le fiabe e saper cogliere il momento giusto per proporle al paziente, altrimenti questi vi presterà poca attenzione.

Hai voglia di raccontarci qualche tua esperienza di utilizzo delle fiabe in terapia?

Per ragioni di privacy, preferisco non entrare qui nel merito delle terapie individuali. Ma la fiaba ben si presta ad essere utilizzata anche all’interno di lavori di gruppo. Come dicevo prima, ho avuto la possibilità di usare lo strumento della fiaba in diversi contesti lavorativi. Ad esempio, anni fa ho lavorato in una comunità per donne tossicodipendenti interna ad un carcere, e ho proposto un gruppo che utilizzava la fiaba come strumento terapeutico. In quel contesto, ho riscontrato che le ragazze avevano molta difficoltà a staccarsi dalla concretezza della storia narrata, non ne coglievano l’aspetto metaforico e simbolico. Ciononostante, un pezzo di lavoro è stato possibile. Lavorando sulle fiabe di Cappuccetto Rosso e Cenerentola, quelle che loro stesse hanno ricordato come più significative, ciascuna delle partecipanti al gruppo ha potuto cogliere un aspetto da riportare alla propria esperienza (trasgressione, aggressività, incontro con aspetti distruttivi e divoranti, invidie, gelosie…), per poterla meglio comprendere da una prospettiva diversa da quella utilizzata fino a quel momento. Soprattutto la proposta di creare un finale diverso ha permesso loro di accedere alle proprie risorse immaginative e provare a creare così un ponte tra realtà esterna e realtà interna, anche solo per un momento.

Un altro lavoro che ricordo con grande piacere è quello svolto in una prima media, all’interno di un progetto di supporto psicologico ad allievi disabili. Nella classe in questione, erano presenti due ragazzine con disabilità fisiche. Ho svolto alcuni interventi sull’intera classe, usando la fiaba, con gli obiettivi di favorire l’elaborazione dei vissuti emotivi legati alla crescita, l’espressione delle difficoltà e delle potenzialità connesse al rapporto con la diversità e la costruzione di relazioni più armoniose. Si sono alternati momenti collettivi di discussione delle fiabe proposte (Il prode piccolo sarto, Unocchietto, Dueocchietti, Treocchietti, Il Re Bazza di Tordo, tutte e tre dei fratelli Grimm), a momenti di lavoro in piccoli gruppi. Da questo, sono emerse diverse possibilità di lettura delle fiabe, messe in relazione con la vita e le problematiche degli adolescenti; una sorta di circuambulazione delle fiabe stesse, in cui i ragazzi hanno potuto esprimere liberamente la loro creatività e trarne spunti di riflessione. In particolare, le tematiche emerse riguardavano il problema dell’accettazione dei propri lati oscuri, dei propri limiti, questione importante per gli adolescenti, e le possibilità di sviluppo positivo, di maggiore autonomia psichica e di migliori relazioni interpersonali, conseguenti al confronto con essi.

Un aspetto molto affascinante del lavoro con le fiabe è che sai da dove parti ma non dove arrivi: infatti, se è vero che ogni fiaba tratta un tema universale, è anche vero che il modo di declinarlo di ciascuno, individuo o gruppo che sia, è unico e irripetibile.

Come si coniugano le fiabe con lo psicodramma?

Si tratta di un connubio molto interessante, approfondito e utilizzato da diversi analisti e psicodrammatisti junghiani. Lo psicodramma è un metodo di lavoro in gruppo, in cui, accanto all’espressione verbale, episodi, sogni, momenti significativi della vita dei partecipanti vengono drammatizzati. L’azione scenica è spesso più efficace della parola nel raggiungere il mondo emotivo senza la mediazione della razionalità, e stimola lo sviluppo della spontaneità e della creatività. Drammatizzando le fiabe, o parti di esse, è possibile “entrare” in maniera diretta e immediata nei diversi personaggi e nelle emozioni che provano durante lo svolgimento della fiaba, e si può così prenderne consapevolezza e farle proprie, ritrovando nella propria individualità gli aspetti universali trattati dalla fiaba. E’ possibile sperimentare in prima persona la soluzione creativa che la fiaba propone al tema trattato, e cercarne di proprie e alternative: attraverso la drammatizzazione, la fiaba può essere modificata, oppure si possono mettere in scena degli spunti personali evocati dalla fiaba stessa. In questo modo, si può avvicinare il canovaccio della fiaba alla vita e alla realtà del protagonista del lavoro psicodrammatico, creando un ponte tra la saggezza archetipica e la quotidianità.

Progetti in cantiere?

Come dicevo, da alcuni anni, in Val Pellice, io e una collega psicodrammatista, Montserrat Valls, conduciamo gruppi continuativi e workshop di psicodramma. Uno dei temi che più spesso abbiamo utilizzato nei workshop è proprio la fiaba. In particolare, abbiamo usato immagini di fiabe europee ed extra-europee come stimolo offerto ai partecipanti per entrare nel lavoro psicodrammatico. Il potere fortemente evocativo delle immagini, all’interno di un workshop esperienziale, permette, anche in un tempo limitato, di sperimentare la natura profonda e universale delle fiabe e di riconoscere gli spunti che offrono.

Essendo un argomento che ci appassiona molto, pensiamo di proporre anche in futuro workshop, e, perché no, anche gruppi continuativi, sulle fiabe.

Grazie mille per la disponibilità, Anna Laura!

Grazie a te, Sonia, per avermi offerto questo spazio e questa opportunità di condividere le mie esperienze e le mie riflessioni su un tema che amo moltissimo!

 

 

Bibliografia consigliata:

Afanasjev A.N., Antiche fiabe russe, Einaudi, Torino, 1953

Andersen H.C., Fiabe,  Einaudi, Torino, 1954

Bettelheim B. (1976), Il mondo incantato: uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, Feltrinelli, Milano, 1977

Calvino I., Fiabe italiane, Einaudi, Torino, 1956

Comba A.L., Fiabe in carcere, in “Anamorphosis”, n.2, 2004

Comba A.L., Ma esiste la Regina delle Nevi?, in “Anamorphosis”, n.4, 2006

Comba A.L., Intercultura a scuola: un progetto, un racconto, un’esperienza,  in “Anamorphosis”, n.5, 2007

Comba A.L., Gioco di fiabe con ragazzini di undici anni,  in “Anamorphosis”, n.6, 2008

Comba A.L., Lo specchio che si infrange. Tossicodipendenza nelle trame di una fiaba, Edizioni Magi, Roma, 2009

Comba A.L., Principesse, streghe, orchi e folletti…Immagini fiabesche per affrontare il conflitto e cercare l’incontro,  in “Anamorphosis”, n.8, 2010

von Franz M.L., (1969), Le fiabe interpretate, Boringheri, Torino, 1980

von Franz M.L., (1972), Il femminile nella fiaba, Boringhieri, Torino, 1983

von Franz M.L., (1980), Le fiabe del lieto fine: psicologia delle storie di redenzione, Red Edizioni, Como, 1987

von Franz M.L., 1977), L’individuazione nella fiaba, Boringheri, Torino, 1987

von Franz M.L., (1986), L’ombra e il male nella fiaba, Boringhieri, Torino, 1995

von Franz M.L., (1999), La gatta. Una fiaba sulla redenzione del femminile,                                  Edizioni Magi, Roma, 2008

von Franz M.L., (2002), L’animus e l’anima nelle fiabe, Edizioni Magi, Roma, 2009

Grimm J. e W., Fiabe, Einaudi, Torino, 1951

Hillman J. (1983), Le storie che curano, Cortina, Milano, 1984

Jung C.J., (1943-48), Lo spirito Mercurio, in Opere, vol. XIII, Boringhieri, Torino, 1988

Jung C.J., (1946-48), Fenomenologia dello spirito nella fiaba, in Opere, vol. IX, tomo 1, Boringhieri, Torino, 1980

Jung C.J., (1954), Psicologia della figura del Briccone, in Opere, vol. IX, tomo 1, Boringhieri, Torino, 1980

Kalshed D., (1996), Il mondo interiore del trauma, Moretti e Vitali, Bergamo, 2001

Kast V. (1986), Le fiabe che curano, Red Edizioni, Como, 2000

Pinkola Estés C., (1992), Donne che corrono coi lupi, Frassinelli, Milano, 1999

Scategni W. e Cavalitto S. (a cura di), Myths, fairy tales, legends, dreams…Bridges beyond conflicts, Franco Angeli, Milano, 2010

 

Intervista alla trasmissione Altrove, di Radio Beckwith Evangelica, sul tema delle fiabe:

Prima puntata

Seconda puntata

 

Link e dati di riferimento:

Dott.ssa Anna Laura Comba

via Pralafera 5, Torre Pellice (To)

tel.: 320 041 70 42

e-mail: annalauracomba@yahoo.it

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Sonia Bertinat

Psicologa Psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico. Da anni mi occupo di dipendenze da sostanza e comportamentali. In parallelo mi occupo di tematiche LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) e dell'impatto delle nuove tecnologie sulla vita intrapsichica e relazionale delle persone.

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